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dic 23, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Bardo’s Carol.

Cascata di fumo sul parquet lucido.
Bardo il piccolo s’avventa contro l’ospite inatteso e sconosciuto. Fa il feroce ma in realtà si squaglia al primo sole perciò l’attacco non va oltre l’intenzione. Ad un ridosso di bottone già son girotondi e scaglie di furore in burro agrodolce. Solo quando si accorge del mio stare a guardarlo allora si riavvolge mentre il nuovo arrivato guadagna l’attenzione.
Piacere mi scusi si figuri fa sempre così con gli sconosciuti ma le pare ci mancherebbe gradisce un cordiale no grazie diamoci subito da fare effettivamente l’ora è tarda e qualcuno si potrebbe svegliare.
Poggiato il sacco e svelato il laccio eccone uscire quel che muore a dire. Convenevolmente imbarazzati e sorpassati da anni allunga ossa ci si guarda come la prima volta.
Non si doveva disturbare guardi che per me è un lavoro si guadagna bene lasci stare non mi dirà che va tutto in beneficenza davvero le assicuro che lavoraccio mah cosa vuole che le dica una volta all’anno perbacco dunque tutto questo e beh e certo.
Comincia a nevicare ed al primo fiocco tutto di colpo diventa manto persino Bardo s’affaccia quieto al quarto angolo della finestra in legno ad osservare il freddo mentre si lecca il pelo.
Quindi ora riparte per ma faccio la Francia poi la Spagna pensavo andasse a oriente no è che mi è più comodo l’antiorario guadagno sul fuso non mi dica le dico non mi dica le dico vuole un caffè grazie ma l’ho appena preso dal suo vicino e così deve già partire allora all’anno prossimo all’anno prossimo risale dalla fuliggine no se non le dispiace esco dalla porta ma le pare come una persona normale beh se ci passa la pancia ci passa tutto il resto ah ah ah ah anzi direi o o oh o o oh.
La coda di Bardo s’è smessa il volteggio ed ora se ne sta placida come la sua palpebra accanto alle lucine che gracchiano ed incantano. Lo saluto soffiando sulla candela e lui nel buio sogna un allontanarsi dei campanelli bianchi.
dic 13, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Legoland.
Caro grande B.
discendiamoci al nuovo l’avvento con il pretesto di una pregunda che ci obbliga allo scandaglio interno.
La notte DellaSanta porta un’alba dove se stai attento ci son più finestre accese.
Vorrei di tanto un paio di stampelle, non per la rottura ma come vagito di rinascita. Conoscendo il lento del tempo non mi sono azzardato al volere un verticale, ma il team ci sta lavorando e questo è già un vessillo da innalzare.
Vorrei un tetto caldo per riporci la paglia e una veranda dalle cui vedute immense dare al Blu la giusta dimensione al sentimento più grande.
Vorrei una parrucca in meno sopra uno sguardo fiero.
Vorrei un sorriso al termine del discorso e non una ricerca di quel che non sono.
Vorrei a sorpresa delle cuffie per giocare a dove un tempo mettevo la voce. Non per altro, ma per essere cullato dalle note e riscaldarmi il motore perchè il viaggio ora riprende la costante con una variabile nuova ed eccitante.
Si sa mai.
nov 21, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Traccia 03 – Nessun artista.

Incollato di puzzle in questa colonna ferma, tutte le mattine un singulto vomitato al lavoro.
Per favore, tutori dell’ordine: al sorpasso di noi scaccolanti dovreste per cortesia lampeggiarvi perlomeno oppure cantarvi sincopati con sirena al seguito. La cordialità di un’urgenza, un salvataggio di vita o sventata rapina sarebbero non solo altamente ma semplicemente comprensibili: l’arroganza e la negligenza del parallelo codice stradale di vostra competenza vi manda invece in vaffa da tutta la truppa inanellata e assonnata.
La manopola arcaica ormai è digitale e quando la sgranello col pulsante per l’abitacolo s’infondono i ricordi. Domani – mi infradico – è il compleanno di un fraterno amico. Ancora mi sberluccico se penso al secondo giro di ruota che tra poco svolgerà al mondo. Mi sembra d’avere un cuore doppio. Lui è l’ultimo pensato accostato alla parola padre ed il primo pronto fortunatamente a ricredermi. La gioia gli gattona accanto e l’abbraccio è per natura esempio d’ammirazione per come sta camminando con le mani strette in quel che ha creato.
Quando alzo gli occhi già da alcuni giorni l’attesa in questa carovana assonnata mi regala il metallo di una gru protetta da mucchi di sabbia, sacchi di cemento, trabatelli , as de put, betoniera e compressore. Li conosco, ne sono sicuro. Non per nome, uso e ricordo. Diverso.
Ne conosco il profumo. Stamattina accanto al paesaggio c’è parcheggiato un camion. Impresa MC.
Mio padre. Non c’è, lui. Ma c’è. C’è il suo maglione appoggiato al badile, c’è un pacchetto di sigarette per terra, c’è la portiera appena aperta che spiraglia il sedile dove mi siedevo accanto a lui.
Adesso lascio l’auto al destino di altri clackson e me ne vado a impastare un po’ di malta con lui.
Ma non lo faccio. Continuo a seguire la mia strada incolonnata.

Smucky è in macchina con me, spaparanzato dietro ad inventarsi facce strambe verso i passanti che da fuori ne guardano lo show dai finestrini. Lui allunga la lingua, gonfia le guance e ogni tanto finge di svenire. Con questo trucco ha già fatto allarmare una mamma con carrozzina ed un vecchietto dalla vista aguzza: entrambi li ho visti trotterellare di gran lena agitando le estremità verso il lunotto posteriore. Quando sono a due passi dalla carrozzeria Smucky si alza all’improvviso regalando due mezzi infarti. Divertente, qualcuno dice. Bastardo, ha urlato il vecchietto.

- Smucky che intenzioni hai oggi?
- Allungare qualche vita.
- Se vai avanti così mi sa che devi applicare un inverter al metodo.
- Partendo dal fondo la costante si trasforma in variabile.
- Oi.

Verso l’arrivo c’è sempre un balcone con un paio di girandole appese. Oggi dal gran vento son candide e pronte al balzo. Un giorno voleranno via e raggiungeranno lo stormo delle colleghe perennemente in viaggio nel Blu.
Siamo vicini al tuo giorno dell’anno.
Ti dono il mio inchiostro oggi in regalo: prendilo all’Amo.
nov 15, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Spostamento Compton.
Un bulbo più grosso della mia deambulazione mi avverte di doverti tenere stretta, rannicchiata come la brace attorno al fuoco che ha visto bruciare. I miei sogni si divertono a raccontarsi mentre lo scirocco ci miela di un salvarsi reciproco inadatto ai lontani. Toccandomi la pupilla ora sa di spillo, preallarme d’un buio che sento fra le pieghe delle rughe.
E mi guardo attorno solo per riconoscerti, per sentirti fra le mani, per non avvertire la mia assenza. Ogni volta è un asceta a cui pongo un bacio. M’imbarazzo all’inizio di questo nuovo ciclo da mezzano all’erta del nuovo millennio non considerando altro che questo sentimento eterno pulviscolo dell’universo. Ombra dentro il lume, appanno nella rugiada. Vestimi dal mio tremito col tuo fiato caldo e offendimi se non reagisco. Nel nulla vago per la fiamma che hai voluto mostrarmi sfidare i venti.

Mi sentite là fuori?
La strada dei giorni passa veloce
ed ho un ritorno sempre più breve
mentre m’indecido su quale senso debba orientarmi.
Vagando nel caso mi presenterò ad una costante.
nov 5, 2008 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Suonano alla porta.
Il telecomando del mio fiato resta al livello di un piatto e sottile affanno. Pluvio con la bocca aperta m’atteggio a discopolo privo d’un peso ma fermantato nell’attimo del lancio. S’aspetta un cambio di paesaggio mentre orrende creature vengono schiacciate sotto le scarpe e raccolte da troppi avi. L’accoglienza strugge in voce dietrostante al megafono ed affascina di una distanza sfalsata. Femmina è il canto, le curve attraggono, l’occhiolino strizza un prossimo participio passato.
Le nuvole passano veloci accarezzando il basso ventre. Soffio per allontanarle perchè la promessa è già ciò che m’attende.
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