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lug 10, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Come un inizio di prurito.

C’è qualcosa che non mi piace.
Sarà questa tastiera nera con piccole lettere sparpagliate.
Può darsi: in effetti caratteri così messi sembrano dispersi e la logica di Qwerty signori miei è solo profitto di un mezzo troppo veloce per apporre inchiostro e quindi messo destinato al rallentatore, per fare uscire meglio le parole.
No, in fondo questa tastiera mi piace: meglio della penna del foglio e delle sbavature che ti sporcano sempre sotto il mignolo.
Sarà questa finestra che nella mia stanza sembra mal messa.
Intendiamoci: una lode al carpentiere che sicuramente ha fatto il suo dovere.
E’ in livella tosta e in bolla e da questo muro di certo nessuno la schioda.
Sarà colpa del paesaggio: me lo fotografa di sghimbescio e solo in parte.
Dovessi svilupparla in negativo sul nastro accanto ad altre finestrelle questa mia si infrange d’un pezzo sul muro dell’edificio di fronte che per un quarto mi porta via il pensiero senza alcuna possibilità che un lungo muro da sclero.
No, ma dai, a guardarla bene mi piace questa entramondo.
Al di là del vetro c’è anche uno scorcio verso la città più alta: insomma si vedon le mura e anche un tramonto e quando la luce riflette sul muro prima di scomparire crea sempre un disegno e sempre diverso.
Sarà questo mio appartamento che d’estate è sempre così caldo da bollirci dentro.
Non appena entro a casa mi sento cibo lesso e mi vien di rigetto da scappar via al più presto: non c’è peggio di viver proprio sotto il tetto che filtra tutta la calura la espande e te la serve con le tue guance a far da cotolette.
No, però davvero: la mia tana mi piace son sincero.
I miei scaffali, le mie voglie, i miei angoli nascosti e le abitudini fra le mura: insomma a metterci piede m’accoglie sempre come un nido e mai una volta che m’abbia respinto con un gelido respiro.
C’è qualcosa che non mi piace.
Da venirmene come un inizio di prurito.
Sarò micca io
allergico al mio io?

lug 9, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Pulsazioni minime.

O guarda:
il sole.

Sono cullato di notti insonni
evaso da ghirigori diurni
come ricerca infante d’affetto
che sfiora distante
e sempre sorprende.

Ogni alba
è un momento
che passa presto.

Scorre il suo tepore
contandomi le ossa
una volta baciato il calore
scappa lasciandomi senza.

Con la terra
che mi resta
io non ho confidenza:
resto fermo
con me stesso
e non ho altre parole.

O guarda:
il sole.

lug 5, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Il chiodo che regge lo specchio.

Ti verrà da scrivere del tuo fottuto amico Dolore
chiederai indietro quel che non sai come hai disperso
una volta lontano dalle tue pose da fallito attore
cercherai quell’ amore che un tempo ti era concesso.

Lacrimeranno senza vergogna ripensando a quel momento
in cui potevi tornare abbandonando il tuo prezioso orgoglio
quegli stessi occhi che d’arroganza han gettato tutto al vento
trasformando in un infinito incubo quel che era il più bel sogno.

Conoscerai non chiesti quegli angosciosi risvegli
sul cuscino il tuo tormento a farla da padrone
nelle notti insonni che ti lasciano invisibili segni
non troverai altro conforto che il tuo gelido sudore.

Di quel male che traspare non te ne farai ragione
fin quando in silenzio ai piedi di quello stesso letto
capirai in un istante da dove viene quel dolore
fissando il chiodo che alla parete regge lo specchio.

giu 30, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Paradiso Indemoniato.

Per capire la banda devi avere in testa il senso del ritmo e per scioglierti questa storia addosso devi saper battere di mani al colpo giusto della gran cassa: non un secondo prima e non un accordo dopo.
Puoi anche agitar la testa dondolandoti al ritmo di un rift ossessivo se può aiutarti ma l’importante è avere sempre in testa il senso del ritmo. Sempre.
O ce l’hai o è meglio che lasci perdere perché vedi, amico, qui tutto ruota attorno al quattro quarti.
E non parlo solo della musica, intendiamoci. Anzi.
Quel che ti racconto, è da crederci, parla di corpi, sudore, mosse, ammiccamenti, sguardi, pensieri, idee, trasgressioni: tutto messo su spartito al caro buon vecchio tempo del quattro quarti.
Uno, due, tre, quattro. Via
E si comincia.
Di solito all’inizio ce la si prende calma.
Come un motore a scoppio che ancora non deve farsi accorgere del suo fragore: si trattiene ma tu sai che prima poi esploderà. Te lo fa intuire.
E tu gusti il momento. L’attesa.
Lo fai grazie a loro, che sono già di fronte a te, pochi centimetri più in alto, lì sul palco.
Loro sono importantissimi.
Sono quelli da un passo dietro, quelli che ti introducono, che ti dicono chi sono e cosa stanno per fare e che tra poco ti fanno credere arrivi uno che ti porterà via l’attenzione e ti trascinerà sempre più velocemente attaccato alla fune roca della sua voce.
E non avrai alternativa se non quella di cantare e dimenarti e ballare come un ossesso, unoduetrequattro urlare e sperare che mai possa finire questo divino nettare di tromba sax rullante guitar cori Rhythm ‘n’ Blues mio dio che spettacolo!
E invece tutto deve ancora iniziare.
Potenza della band.
E sono ancora lì come bottiglia agitata da stappare che punta dritta il suo tappo sulle scarpette leggere di piedini che salgono sul palco e ti cominciano a sussurrare tra poco baby canterò con le mie due amiche qui sai, ma che fai? Ancora non gemo e tu stai sbiascicando ammiccamenti andiamo darling guarda il nostro balletto guarda com’è perfetto ed è solo per te che andiamo avanti e indietro stando sempre qui per te, solo per te si agitano queste mani che salgono alla nostra voce sexy. Una, due.
Una, due. Una due.
Una due tre e mio dio che venga presto il quattro.
Rullata. E si continua, col ritmo che lento comincia a trotterellare e i fari a puntare quel che da collante deve fare.
Arriva sul palco ma di lui sai già tutto: che gli strumenti te l’hanno già fatto cantare ancor prima d’iniziare.
Sai cosa farà e sai che non ti deluderà.
Così quando lui sale completa un quadro che a vederlo è una gioia per le orecchie: voci chitarre fiati e percussioni pronti a dar vita a quel che più non si riesce a trattenere.
Uno due tre quattro. Via.
Esplosione. Stordimento. Voglia di non star fermo.
Ti hanno portato, amico, nel loro paradiso indemoniato.
E ci stai di un bene, ma di un bene, che la lussuria del momento non la venderesti a qualcun altro nemmeno per quattro preziosi denari.
Uno, due , tre , quattro.
Ma che, sei matto?
Ora che ce li hai li davanti, questi angeli strapazzati di blues and soul che gli scorre nelle vene, sai che ti dico amico? Balla, che ti conviene!
Lasciati trasportare che questo nettare di note una volta provato sarà la tua perversione e una volta in circolo non ti permette più di star fermo.
Inchino, riverenza, sorriso e dolcezza.
Trasgressione, energia, passione e tachicardia.
Spettacolo, divertimento, affiatamento e tutto il resto.
Uno, due, tre, quattro.
Amico, lo vuoi un consiglio da amico?
Se non hai più d’una vita a disposizione vacci ad un concerto dei Black Sound Machine.
Se ne hai più d’una, che ne so, due, tre, quattro, allora ne hai, del tempo.
Ma mai come il loro, di tempo.
Uno, due, tre.
Pausa.
Che sul finale fa sempre un bell’effetto.
Quattro.

giu 28, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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A nulla interessa.

Noi giocolieri sul filo delle ombre di parole
scriviamo da sempre per altrui vite da dipanare:
siam quelli che in fondo nessuno li vuole
poichè spietati, distratti e sfacciati da far male.

Cerchiamo rabdomanti quel tuo profondo pozzo
al limitare della tua futile corte con attrezzi da villani
te lo mostriamo infine d’un nero rozzo e profondo
sporcandoti l’anima con le nostre unte mani.

Scacciati da un regno dove pensare non è concesso
reietti da un sovrano ignaro, beato e senza testa
ci siamo trovati ai margini di un falso limbo perfetto
portando a spasso quel macigno con scolpito ‘Tua Coscienza’.

Mosche bianche a disturbare anche il sonno più profondo
non v’è ne è più di uno per fiume che torna alla sorgente:
libero d’essere vivo a loro mi unisco lasciando il solco
che non son l’ unico salmone ad andar controcorrente.

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