ott 2, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Inizio.

Ah bon.
Che ce ne sarebbe da spiegarti, e chi sono e come rotolavo ed il perchè del passaggio a livello con cambio annesso e poichè non mi hai detto niente e chi sei poi te.
C’è solo il momento di girarmi e riandare. Basta.
Pixel nuovi e freschi, attento alle dita sopratastiera: la vernice ancora suda.
Che le cose migliori un perchè forse non ce l’hanno addosso quasi mai.
Una riga da interlinea alta con dentro i grazie a chi palleggiava col Pallone ed ora si ritrova a fare i conti con lo Sghembo, a chi aggiornerà i link che è un poco come ristamparsi la mia via per le prossime cartoline in spedizione e a chi mi conosce solo adesso e di sghimbescio.
A tutte le anime passanti per di qua mi vien da fermarmi e stringerne i polpacci: guardarsi un poco per far conoscenza e tanta voglia di respirare sempre assieme un’aria diversa.
Si va perchè in fondo per questo io e te siamo modellati: pedalare in rotondo sopra questo orizzonte di mondo senza mai scordarsi di alzare le gengive e di non sentirsi mai pesanti.
Prometto l’andata. Al ritorno ci penseremo come sempre per strada.
Che ne vale no la pena
che i drammi sono ben altri
e qui si sta dritti e sporgenti in avanti.
Via. Stammi al passo anche stavolta, se c’hai voglia.

ott 1, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Fine.

All’improvviso
grazie
a chi fin qua
di me si è intriso.

Si cambiano i panni
si rimette lo zaino
si riscuoia la vita.

Da ora
ci si mischia di .

set 30, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Fine.

All’improvviso
grazie
a chi fin qua
di me si è intriso.

Si cambiano i panni
si rimette lo zaino
si riscuoia la vita.

Da ora
ci si mischia di .

set 24, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Trapezisti paralleli.

Torna che il filamento di zucchero lo si sente già da un passato come se fosse un sempre.
Eppure n’è trascorso, quasi un anno. Ed è, svampito, tornato.
Scesa che è la luna,
giochicchia sul piazzale,
adornata di giostre e lucine colorate.
I funamboli, la mancanza di una rete, gli acrobati i nani e coloro ai quali ci si concede per ritrovare il conforto ed assaporare quel che ora più non brucia con riflesso rosso d’avorio.
Zanne tra i canini ad incidermi una lingua cesellata di scritti e di un tempo che di parole ne contava e diceva ben poche.
Un anno, detto, e scorre sullo specchio la sguaiata fiducia di un disperso.
Rivederlo a distanza di un metro di tempo fa tutto un altro effetto.
Brutto sapore il medicinale incolore: all’inizio della cura era solo dolore.
Avvento di due vite lette come Amore fra due persone andate in opposta direzione.
Incontrate, scontrate, cercate ed allontanate in quel piazzale dalla pelle distante.
Quando non va non va
quando una cosa non va non va
quando non è come
non c’è ragione:
mani agli occhi speri che il mondo scompaia.
Assassino incensurato da un delitto mai commesso torni per fato sul recidivo luogo del reato che ti viene incontro ossuto e sguainato di seta.
E quel che bruciava ora è brace
e quel che non andava t’ha insegnato ad Amare
e quel che ora vorresti, se potessi, è ringraziare.

Che basta un sorriso
e si continua ad andare.

set 14, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Matassa appuntita.

Help! I need somebodyRimettere in dita i pensieri sui tasti. Avanti.
Sbussolato e presunto innocente verso l’autunno del fare.
Stare od andare, capire o lasciare stare: amare a distanza sbloccando l’incompreso con il telecomando del nulla è perfetto.
Incrinarsi sul crinale del presunto, leggittimamente sospettare dietrologie di passione o di bisogno d’attenzione.
Cercare la pelle, arroventarsi in triplice copia su lenzuoli di seta rosa e poi peccare per aver peccato e non aver commesso reato. Peccato.
L’amore che non resta, l’amore che si arresta, la mancanza e la confusione dell’angoscia in rima con la pulsante angonscia del predirre il di nuovo soli.
La paura singola e la paura d’essere di troppo, la voglia di regolarsi il minimo e quella di tenere parcheggiato i sentimenti sotto il divieto di sosta dell’intrusione, del non sapere dove porta l’altra mente, sentirsi incapace e demente, non riuscire ad essere i pratici del non fare niente.
Volere comunque un essere presente per essere che solo numero al lotto estratto e poi dimenticato in attesa di un ambo impolverato.
Averne il fabbisogno di credere nel bene e non sapere come distinguere l’agire congiunto dal canto della sirena.
Ammaliata di se stessa: sia essa depilata del cibo in eccesso nella mente per vederselo dilatato in pezzettini e sbocconcellato sopra la sua voglia di essere ben accetta.
Costruirsi a difesa dell’osso una capanna di’inganni di fango e aspettare che qualcuno ci soffi sopra per lavarsi dall’odio del mondo con l’amore profondo.

Quanto Amore non è il credito.
Ma è il Come, adesso, a non avere debito.

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