gen 5, 2003 - Senza cicatrici    No Comments

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Raro intimo da ultimo dell’anno.

Sono in viaggio. La scrittura è veloce, i pensieri lo sono ancora di più…Scusassero il ritardo…
A volte penso che questo mio “andare” questo mio non star fermo in un posto o in una situazione sia strettamente collegato all’indice della mia immaturità.
Un tempo credevo fosse spirito di avventura, fascino di conoscienza e lo confondevo con l’ attrazione provata verso luoghi e persone non viste, facce mai dipinte o sorrisi e strette di mano mai scambiate.
Poi invece, col passare degli anni, mi sono reso conto che questa mia natura di nomade cittadino, questa immagine di viandante civilizzato che mi porto sempre dietro e che sfugge da tutto e da tutti dipenda in parte anche dalla mia non voglia di legami, di punti fissi.
Mi succede così sia nei confronti delle cose più stupide ma anche con i sentimenti verso i quali dovrei portare più rispetto: non appena mi accorgo di restare in una situazione che implica delle responsabilità un poco più complesse e che mi obbliga a non sentirmi più “leggero” beh semplice, la cambio.
Di solito quando me ne rendo conto passo da uno stato di totale euforia ad uno di apatia controllata.
Sbaglio, parlo poco, tendo a interiorizzare i sentimenti, valutarli e “trattenerli”.
Un passo prima di affrontare il cambiamento stabilizzante io scelgo la fuga.
E se mi danno delle possibilità per accelerare il passo non me lo faccio pregare due volte.
Mai tentato di cambiare, mai tentato di provare a valutare la situazione da un altro punto di vista.
Spesso, arrivato a un bivio, per istinto scelgo la via sbagliata. Masochismo pellegrino.
E, testardo come un mulo, non confesso nemmeno a me stesso che l’altra via sarebbe stata migliore, che avrei perlomeno dovuto prenderla in considerazione, che forse se avessi girato a destra ora qualcuno non continuerebbe a stare in pensiero, ad aspettarmi, a tentare di capirmi.
Spesso lungo il percorso ho incontrato persone accanto che volevano trattenermi. Raramente chi invece era sintonizzato sulla mia stessa lunghezza d’onda.
Ma potrà mai uno nato pastore diventar coltivatore? E di che? Di illusioni?
Meglio disperderle lungo il cammino.
Uno come me chi se lo piglia?
Bel carattere eh?!
Senza nemmeno pensarci troppo, dicevo, rifuggo le catene. Mi irritano i polsi.
A volte sono cose banali, altre invece, come la ricerca di una casa, il lavoro, i legami affettivi, li affronto con una sfrontataggine ed una leggerezza che rasenta l’assurdità.
Insomma io sto bene quando sto in movimento, quando il ritmo dei pensieri e dei respiri si confonde col cammino.
Quindi sono immaturo.
Quindi non riesco a essere coinvolto in situazioni stanziali, quindi fatico a instaurare rapporti che mi creino delle limitazioni.
E in effetti mi accorgo che quando mi volterò indietro alla fine della strada continuando così mi resterà gran poco, tranne chilometri di curve per aver avuto paura di incontrare un punto fermo.
Lo so.
Ma continuo a camminare.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.