ago 9, 2003 - Senza cicatrici    No Comments

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Haku Lei.

Accaldato al tempo che non un lume è sorto,
al fresco il terreno frastaglia con garbo secco
ondeggia d’assorto nel suo frumento attorno
senza comprender il ciclico paglierino deserto.

Annusa cercando vano umido fra le sue radici
stanco d’esser lì disperso eterno faticando:
imperlati di sudore i calli dei polpastrelli incisi
ancor spande con vento di roncola il canto.

Mentre s’asciuga la fronte d’una saliva lontana,
l’occhio attorno vitreo in cerca di se stesso,
dal nulla come contrasto d’acqua fresca e vana
s’irradia dal monte a nasconder le stelle con l’universo.

E’ luce. Improvvisa. Gioisce.
Carezza ad una ad una le spighe. Amore.
Lambisce il suo corpo. Poi: sparisce.
Va a posare l’alba coprendola di calore
poco distante in un altro campo. E lì: finisce.

Quando tutto di forma ha senso
s’ammuta di vita e riempito corre
appresso a quel fuoco denso,
ma giunto accanto al limitar soffre
come inebetito, sorpreso e perso.

Si ferma, accorto d’istinto d’esser seguito:
da un sentimento nuovo ora osservato.
Per resistenza che faccia è di certo colpito
da sensazione di guardia che mette a disagio.

Infine prende coraggio e s’avvicina silente
circoscritto furtivo in cerca del nuovo ardore.
Giunto ad un sospiro di distanza latente
allora s’accorge di quanto vano fosse il dolore.

L’angoscia del suo vivere disorientato e incerto
si tramuta d’immenso profumo di stupore
quando comprende che quel bagliore perfetto
altro non era che un fragile unico girasole.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.