mar 31, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Rudy.

Rudy
stai attenta
che così mi fai male.
Rudy
smettila
dico sul serio.
Rudy
se ti prendo
non sai cosa ti faccio.

Cosa c’è.
Niente.

A volte si perdeva come per ritrovarsi.
Io guidavo e lei guardava, ignara, fuori dal finestrino.
Tramonto dopo tramonto.
Anche, mi osservava nel percorrere uniche strade.
Finta di niente io, naso all’asfalto, ma lei mi indugiava.
Non sbatteva, mai, le ciglia in quei dolci assalti.
Facevo allora per staccare la mano dal volante e
semplice, accarezzarla.
Si voltava, in ritirata, verso il panorama.
Di nuovo.

Cosa c’è.
Niente.

Rudy
perchè
Rudy
ora non c’è
Rudy
cos’è stato che.

mar 31, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Rudy.

Rudy
stai attenta
che così mi fai male.
Rudy
smettila
dico sul serio.
Rudy
se ti prendo
non sai cosa ti faccio.

Cosa c’è.
Niente.

A volte si perdeva come per ritrovarsi.
Io guidavo e lei guardava, ignara, fuori dal finestrino.
Tramonto dopo tramonto.
Anche, mi osservava nel percorrere uniche strade.
Finta di niente io, naso all’asfalto, ma lei mi indugiava.
Non sbatteva, mai, le ciglia in quei dolci assalti.
Facevo allora per staccare la mano dal volante e
semplice, accarezzarla.
Si voltava, in ritirata, verso il panorama.
Di nuovo.

Cosa c’è.
Niente.

Rudy
perchè
Rudy
ora non c’è
Rudy
cos’è stato che.

mar 20, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Sei di marzapane l’unica.

La scritta sul vetro
della mia automobilina in legno
è la tua,
leggera di calligrafia.

C’è un giorno nascosto
dietro a quei segni d’asporto
in cui hai pianto, ti ho stretta
e la neve si è sciolta.

Sei di marzapane l’unica
che non ci si credeva.
Quella che mai avrei detto: ma dai.
Eppure lenti
accordiamo il nostro piano
e la calma soffia
e sui nostri nasi
osserva.

Speciale
è una lotta senza te
abuso affiliato in ogni offerta,
sconto addosso a quei timori strappati.

E mi vien da volerti
che poi io non so.
Forse le tue mani
dentro ai miei maglioni
troveranno lo stesso perchè.

mar 11, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Rosso flamenco.

Quando urli
terribilmente urli
di quell’urlo che sgorga dai polmoni
c’è per forza
o per tragedia
un istante
in cui riprendi fiato:
il fiato del sangue.
Poi,
di nuovo,
urli.
Credi
quando così urli
che ti si sventri il corpo
e quel che di ultimo umano sei
lo dai in pasto
alle tue mani che vibrano.

Quanto male fa
sanguinare dalle unghie
se non c’è
chi t’ha graffiato di morte
se non lo si può stringere
il carnefice
se nessun collo
puoi strozzare
nel tuo urlo?

Terrorista:
Jodete.
feb 24, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Scusate il ritardo, ma c’era nebbia fitta.

Resoconto senza presenza, invalidato all’occorrenza.

Napoli e nebulosa.
Che poi son l’ultimo a non esserci stato.
In differita, da qui me lo sono vissuto a casa su schermo. Tutto.
Non ci sono più i guardiani della soglia e/o siamo sempre soli.
Da soli con la nostra volontà.
Paura o migliore offerta?
Non lo so, di certo questa riunione mi ha annoiato l’attenzione.
Quasi dormito: su un blatero comune di un qualcosa di cui era inutile parlarne in quel modo.
Avrei detto, io: cos’è un foglio?
Guardate sulla scrivania, pigliatene uno e cominciate a scrivere.
Bene, avete capito cos’è un blog.
Un blog è inchiostro.
Nulla più.
Un papiro, un geroglifico e a volte carta carbone (spesso).
Due ore ci avete perso.
Buongiorno: bastava spostare l’attenzione dal mezzo al mezzo della folla.
Alle mani delle persone, agli atteggiamenti, ai sorrisi e ai gesti di chi c’era.
Vi siete persi gli sguardi, il modo di porsi e gli sbuffi (credo molti) di chi era presente.
Blog e giornalisti (ancora?), e chi è migliore e chi è peggiore, e i blogger sono soli e sono in tanti.
E intanto come diceva il caro Wolf non è ancora venuto il momento di farci i pompini a vicenda.
Non c’è più una soglia.
Tiziano: per me non c’è mai stata.
Dipende da che lato per te gira il blog.
Ogni persona che ha preso la parola in quel dibattito ha solamente espresso la sua funzione d’utilizzo del mezzo blog ed involontariamente ha provato a darne un’ interpretazione tramite una propria visione al pubblico presente.
Non poteva essere altrimenti: ognuno utilizza quel che ha nel modo che più trova consono.
Indipendentemente da quanto questa famigerata soglia si sia sguarnita o abbassata.
Può anche starsene sul terreno un post: il suo valore aumenterà solo in base a quanto una persona ci scrive sopra.
Lorenzo ironizza fra i pixel perchè tutti i giorni probabilmente adotta il sorriso come migliore arma di difesa e questo è il suo miglior modo di atteggiarsi alla vita quotidiana.
Eloisa stenderà un origami di post nello stesso modo in cui si rannicchia dietro al microfono quando le si dà la parola per spiegare quel che in realtà non ha poi un granchè da spiegarsi.
Giulio si ripromette di impegnarsi a pubblicare anche solo due righe al giorno perchè di mestiere se lo può permettere e sarebbe un peccato se non potesse realizzarlo.
Perchè è questo che lui fa anche di lavoro. Beato.
Tiziano si meraviglia di una soglia a detta sua senza più protezione e si inalbera quando qualcuno ribatte al bla bla bla con la praticità del non essere tutti scrivani di professione tirando in ballo valori letterari perchè è di questo che Scarpa si occupa nella vita. E nel blog.
Ma Strelnik ha solamente esposto il vero: puoi dirla che non si parlava di scale di valori, ma non puoi negarla che tutti si ha da portare a casa la pagnotta in un modo o nell’altro.
Con o quasi sempre senza post.
Vita da blogger.
Sofri non fa distinzioni fra scalpelli e scribacchini, su chi è tale e su chi non lo è affatto chiosando in un tutti forse lo si è, scrittori, perchè in fondo tutti si scrive.

Non conta cosa noi si scrive.
Conta come.
Perchè conta come sono le persone.
La notizia può essere già stata data, il racconto già letto, la recensione prevedibile ed il blog raduno già scontato.
Ma come un blogger è, come si esprime, quel che di solo suo imprime è quel che rende un senso.
Perchè come una persona è, come si esprime, quel che solo di suo imprime è quel che rende un senso.
Con o senza bisogno di un convegno.
Quel che dal duemiladue ad ogni post mi resta di questo blog non sono le parole.
Sono le persone.
A Napoli, secondo me, bastava solo spostare un po’ di più l’attenzione.

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