ott 23, 2004 - Senza cicatrici No Comments
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Lasciarsi andare
Tonfo è il trillo del mio campanello immerso, attaccato al pelo del mio cappello.
Qualcuno soffocato da un qualcosa ha cercato un rimedio al suo guaio godendo nel tenermi sottacqueo.
Mentre me ne sto senz’ aria ho come compreso ad un velo di retina che ottanta anni medi in questa latrina dipinta non sono che un embolo a tempo.
E allora mi sarei detto che stare condizionale non aiuta a pensare.
Meglio incidermi un incisivo fisso e perseguirlo,
meglio non attendere e pretendere,
meglio insistere che prefiggere,
meglio un qui che un sarò.
Sprofondato nella falsa felicità da prondità rido del mio stato di precadeverico omino a termine.
Dal basco alla stupida,
dalla coppola alla bandana,
dalla tinta alla pelata:
in superficie la gente si squaglia
sotto i cambi di berretto ed io,
inzuppato d’omicidio in vittima,
rido, rido, rido.
Salgono le bolle plop plop dalle mie narici fino alla cresta divisoria e difettano un orizzonte incantato sulle stesse onde.
Solletico dalla giacca la mia riserva di grappa e scelgo mentre comincio ad agitarmi di stappare e trincarmi.
Etilico in asfissia deglutisco e mi sfido in cerca di un respiro.
Quasi ho un sogno.
Poi sfumo.