ott 28, 2004 - Senza cicatrici    No Comments

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Indice alla tempia.
Continua a sblaterarmi addosso.

Piantala, osti, che mi sporchi.

El ghe da, el continua, el rompe i bale. E che coioni.

Gli puzza il fiato, gli alitano i piedi e mi storce ovuli, ossa, ninfee, narici e bulbi quando mi sta sul collo, ad un centimetro dalla saliva.
E ultimamente lo fa spesso.

Oppresso, basta.

Basta ho detto. Togliti dal mio angolo, lasciami pisciare in giro dove mi piace: se c’ho voglia di rintonarmi in curve sghembe lasciami fare.

E no: lui mi deve guardare, mi deve consigliare, mi deve osservare e lo sento sogghignare.
Ma va a cagare.

E poi gli argomenti, le cadenze, lo scialacquio della sua turba!

Almeno sii interessante invece di obiettare e sempre bacchettare e stare e stare e stare.

E continua, un tono sotto al giro di ottava, impertinente e irriverente di metadone.

Coglione coglione coglione.

Mi giro e non scappa, scappo e mi insegue, mi siedo e mi toglie la sedia. Stardo.

Accendo lo schermo ed è li dentro, perso nel nulla ed eterno catodico.

Leggo e mi perdo dopo il terzo capoverso a causa del suo frastuono silente.

Che cazzo devo fare, ti devo sparare?

SBAM! Tanto la rosa di pallini non ti soddisferebbe, vorresti un fiore ancora più rosso.

Scordatelo che recido.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.