gen 19, 2005 - Senza cicatrici    No Comments

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Mio padre oggi arriva che neanche è l’una.

Mio padre oggi arriva che neanche è l’una.

Mi trova seduto nella poltrona nuova davanti alla scrivania nuova del mio negozio nuovo ad addentare un panino al crudo. Stantito.

Nelle narici la plastica si fonde al grasso del bordo dell’affettato che lascio sul legno del trenta percento% dell’acconto della scrivania che ho in parte pagato.

Sabato alzerò la saracinesca che per ora nasconde le vetrofanie nuove e gli schermi al plasma che accoglieranno nuovi ordini in bit tradotti in merce da discount informatico.

Sulla vetrina mercoledì scorso avevo affisso un cartello con su scritto ‘stiamo arrivando’ e la sera avevo scelto quale antifurto avrei istallato due giorni dopo.

Nel mezzo l’epifania di giove mi svegliava di primo mattino con la voce del padrone che diceva:’hanno tentato di entrare’ e già confermava quel che era.

Le sirene dei cellulari a distanza di pochi passi portavano caschi a tifare Atalanta-Fiorentina ed io attendevo in questura il comandante per appuntare la mia prima denuncia di furto ancora prima della mia prima vendita.

Entrati dal retro, tagliato la griglia, sfondato la finestra, asportato del materiale tennologico.

Tecnologico, comandante, con la c.

Sulla vetrina venerdì scorso ho affisso un cartello con su scritto:’ci hanno preceduto’.

Subito dopo hanno finalmente montato l’antifurto ma nessuna delle sue opzioni elimina tutt’ora le mie insonnie.

Così oggi mio padre arriva che neanche è l’una.

Lascio il pranzo stantito accanto alla bottiglia d’ acqua e lo accompagno sul retro.

Lui parcheggia il camioncino e scarichiamo la nuova grata di protezione.

Assorbe lo scasso, bestemmia in razziale.

Sto attento, non voglio sporcarmi e maneggio il ferro con cura per non rovinare il maglione.

Il bomber di papà se ne frega ed appoggia la ruggine sopra la polvere che rende grigi i suoi capelli.

Assieme la fissiamo davanti alla finestra e facciamo leva in un unico punto accavallandoci le mani.

Le sberle di mio padre facevano male.

Le estati in cantiere non erano il centro ricreativo in attesa di quale scuola superiore scegliere.

La mia fame di scrittura, diceva, non porterà mai a casa il pane.

Ed in fondo, quella era la sua casa e finchè stavo sotto quel tetto. Perciò.

Poi l’indipendenza, l’uscita fredda a ricordare i silenzi apparecchiati nelle tavole della mia crescita ed una lacrima che mi sarei aspettata materna ed invece.

Se ti serve qualcosa, Mike.

Non mi serve niente, Papà.

Ma

grazie

grazie di avermelo chiesto.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.