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Per vantarmi nella danza
ho inventato la distanza:
quando esco di casa
porto in tasca una rosa
chiusa da portagioie di giada
l’amo come esser preziosa
e non la sveglio mai
ch’è timorosa.
In particolare
sudo d’inverno
quando il ghiaccio
è troppo gonfio
da farsi secco
io lo lecco
godendo
e come detto
sudo freddo.
La sera prima ho sgorgato l’aceto
passandolo in un panno d’argento
l’ho chiamato amore e ancora m’imbevo
alimentandone il mio sguardo lento
mi son detto poi coraggio
è il minor danno
per esser del futuro scontento.
In particolare
te lo dico in silenzio
io sudo d’inverno
scostato al resto di te
bollente in stagione,
e c’è dell’altro
prima che mi dimentico:
mastico veloce
deglutisco ramarro
e al primo gelo
come detto
io sudo freddo.
Nel canto son rauco
voce notevole ma eccezzione
copro le mie fughe di malto
e perdo fiato con rumore.
C’è luce nel piano scordato
quando lo suona il tuo spartito:
è come m’avessi baciato
e le tue labbra ripulito.
In particolare
c’è questa cosa speciale:
io sudo glaciale
gocciolando
difronte al clima polare
amo l’avvertenza sottile
dell’aria rarefatta,
inciampo scalando
e lo faccio spesso
mentre tento d’ansimare
che non so se te lo detto
ma io sudo male
solo al freddo,
strano difetto.