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Quando lui entra in casa la casa è cambiata.
Quando io toppo la chiave e mi distendo sul divano la finestra è diversa.
Quando poso lo sguardo è strano il tavolo,
ristretto il soggiorno,
mangiato il corridoio
e rosso il copriletto azzurro.
Mutato il bagno,
scomparsa la doccia,
arretrato il frigorifero,
invaso il vaso.
Passate le persone, rimpolpate le intenzioni, versate le amarezze e scolate le speranze.
Eppure illogico decido d’arrancarmi con gli occhi scomodi un riposo che ostino meritato dopo aver sbobinato più o meno un paio d’anni di quelli buoni, senza ghiaccio e versati in un bicchiere doppio malto.
Perciò non voglio aver più di due neuroni e rifiuto l’evidenza: mi sdraio, sprofondo in un me stesso arrivato e faccio per tagliare di almeno un tre quarti il mio bulbo oculare con un paio di soprapalpebre in completo ed ignoreo relax.
Ed è quando arrivo quasi al contatto fra ciglia e cipiglio che m’appare come fosse reale: il punto del non ritorno in cui ammetto a me stesso che sì, quello che lui vedo è lì, di nuovo, senza saper come, senza aver del tempo dimenticato è di nuovo entrato e s’è messo cavalcioni fra le mie mura e le mie variazioni.
Ed in effetti.
E’.
L’unico sfregio d’angolo rimasto illeso dal tremore che ha passato un bisesto è pur ancora nella stessa asse orizzontale: il davanzale.
E sopra di quello lui quello.
- Dimmi che non sei tu.
- Se tu mi offri lo stesso.
- Allora non se ne esce.
- Al massimo dovresti chiedermi come sono entrato.
- A che gioco giochiamo, Smucky?
- All’abbandono della verità?
- Nessuno ha abbandonato nessuno: al trasloco tu hai scelto il silenzio assenso e io lì ti ho lasciato. L’ultimo tuo è stato, ce l’ho in tempia stampato, qui son nato e qui resto perplesso, adieu. Mi eri anche di un sacco piaciuto: melodicamente patetico e coerentemente pungente come ombra del crepuscolo che lo attende.
- Sei cambiato.
- Certo che sono cambiato, che ti credi? Tutti cambiano, tutti si cambiano, tutti si scambiano. E’ vivente, è palese.
- Sei cambiato di punteggiatura.
- O questa poi! Simpatia: ti rifilo un esclamativo nel duodeno così ci dai un taglio ai giudizi precoci.
- Vedi? Permaloso sfiorante lo scontro: difendi il nuovo territorio. Ho ragione.
- Ehi sapientino nessuno ha invitato qualcuno ad una rimpatriata ok? Tantomeno ho votato sì affinchè il tuo culetto mettesse bella mostra di sè anche sopra questi caloriferi perciò fammi un favore ed esplicati.
- Mi mancavi.
- O santa Mafalda protettrice degli Scrooge guarda cosa tocca far sentire ai miei padiglioni auricolari! Uno Smucky mieloso mancava davvero alla mia raccolta di figurine della collezione Alter Ego ’06! Perchè invece non mi racconti come hai passato gli ultimi due inverni e non vieni ad ammettermi che non sono io quello che ti mancava ma che avvertivi soltanto il bisogno di tornare… tornare e basta?
- Per tornare bisogna prima andare ed io non mi sono mai mosso.
- Senti Sfinge, io da queste parti ultimamente ti ho visto raramente, diciamo pure tante volte quanto, vediamo… il vuoto siderale?
- Ti sei sempre voltato dal lato sbagliato.
- Ma chi ti scrive le battute? Un caricaturista di Wild Wild West?
- Sai che c’ero.
- Ammettendo per un pico secondo che la tua fandonia sia una briciola d’essenza di verità: se così fosse mi dici cosa diavolo vuoi? Sei fuori tempo, fuori rotta. Hai perso il giro amico, sei Slot dei Goonies in Schindler’s List.
- Mmm, te l’ho già detto. Sei cambiato.
- E allora? Il cambiamento è evoluzione.
- Anche il tuo di autore non è niente male.
- Senti piccolo amico dei cuginetti stronzi: io non ho più tempo per occuparmi di te. Anzi sai una cosa? Non ne avevo anche prima. Avevo solo compassione. Nutrizione di ambizione. E sai perchè? Perchè tu non eri e mancomeno sei! Certo non sporcavi neanche ma caro il mio stilita già allora avevi eletto il davanzale a tua colonna e onestamente già dopo due giorni che te ne stavi da me il fatto che tu non proferissi parola non è mai stato il miglior modo per candidarti a sostituto di Red.
- Red! Che fine ha fatto?
- Suicidato d’aria: è saltato fuori dalla boccia la prima notte che mi sono trasferito. Ad ogni modo Smucky io qui non ti posso tenere: lo spazio è poco e non sono poi così sicuro che parlare di nuovo con te mi faccia bene.
- Sempre che io decida di risponderti.
- Esatto. Perciò salta giù una buona volta da quel davanzale, fai ciao ciao con la manina e scivola via: so che è un piccolo passo per te ma potrebbe esserne uno grande per l’intera umanità di questa casa. Ok?
- Ultimo desiderio?
- Concesso.
- Blues.
- Giocati bene le tue carte.
- Satchmo.
- Non basta.
- Heaven. Con la Fidzgerald.
- E va bene. Play.
Quando vorrebbe svegliarci, la mattina ci trova accovacciati sullo stesso davanzale: testa a tener su l’altra spalla, che ancora sembriamo dondolarci.
E da chissà dove arriva ma non s’accorge che si sente lieve un