dic 15, 2009 - Senza cicatrici    No Comments

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La mattina faccio sempre più fatica ad alzarmi dal letto.

Mentre m’ascio la crapa spellandola in due emisferi circoncentrici tenendo le mani ferme a snocciolo mi sfrego le pupille affannate e penso che il giro di giostra è sempre più faticoso ogni nuova volta. Servono sempre più risorse, la richiesta aumenta e il prezzo del greggio del mio raffinamento s’eleva inversamente proporzionale al frutto del campo dove la teoria vedrebbe un raccolto. Scolta il vecio, brutto invecchiare, anche quando la gioventù dell’ossa è relativa ma densa al tatto beh è il tuo andare che si sente nel fango. Meno due gradi gelano e ti scricchiolano addosso, ogni inverno allunga il freddo. Finchè c’è legna sul camino ci si perde ancora addosso alle fantasie della fiamma, fin quando avverti le campanelle in lontananza tenti ancora una danza.
Ma ci vorrebbe un tango, adesso, e non so più quali passi sperare per essere leggero o quantomeno sereno.
Andare, voce del verbo cantare.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.