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Matura
nel porticato delle vene
il succo tuo dell’ uva.
Rampicante
balli il tango tuo
attorcigliandomi danzante.
Scovami
nel labirinto tuo Edipo
e sfiancata amami.
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Matura
nel porticato delle vene
il succo tuo dell’ uva.
Rampicante
balli il tango tuo
attorcigliandomi danzante.
Scovami
nel labirinto tuo Edipo
e sfiancata amami.
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Sembra interessar poco
star qui sospeso
amarti
cullarti
sognarti
respirarti
irrequieto
e perplesso.
Vivo adesso.
Per te.
Non quando sarò ricordo.
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Dice che mi veste di luce.
Che quando la guardo mi incanto.
E che succede di rado.
Questo è quanto.
Che modulo la voce a seconda del suo umore.
Che a seconda della sua attenzione io regoli le stagioni del mio cuore.
Che quanto di bello ho dentro
da lei finalmente è nudo, nervo scoperto.
Sesto senso.
Ah! Ma per favore.
Ti sbagli, io mi conosco e tu, amico, non raccontarmi.
Vuoi forse dirmi come mostrarmi?
Non mi inganni: lo fai perchè sai che non puoi raddrizzarmi.
Storto son nato e la retta non è per me cosa certa.
E’ solo che son distratto, in un vortice a girare impegnato.
E allora sto agitato e non so dove vado.
La mente dispersa in faccende complesse.
Ma è così da sempre.
In fondo mi conosci, sai che dai calzoni corti io costruisco mezzi ponti.
No, dico sul serio: non è per lei che son come assente.
Forse è un qualcosa che in questi giorni dentro mi prende.
Davvero, smettila di crederti dottore.
E togliti quel sorriso inquisitore.
Com’era quella storia delle altalene?
Vento in faccia e senza terreno ti senti contento.
Ma scendi, sali, ridiscendi e risali.
Ti sembra d’aver le ali.
E’ un turbinio d’eventi che altera i sentimenti.
Forse, amico, forse hai ragione.
E il mio cielo oggi è un’invenzione.
E il mio fiato sospeso in attesa di un suo sorriso.
E il mio bene è capire come starle vicino.
Forse, o forse nulla di tutto questo è vero.
Vivo incerto solo per me stesso.
Per il mio tempo in cerca di quel che sento.
Preso dal momento son rapito e ad altro rifletto.
Nessuno spazio per quel sentimento.
Resto al di fuori del cuore.
No, non ci entro.
Sto fuori, in silenzio.
Respiro freddo.
E la penso.
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Dice che mi veste di luce.
Che quando la guardo mi incanto.
E che succede di rado.
Questo è quanto.
Che modulo la voce a seconda del suo umore.
Che a seconda della sua attenzione io regoli le stagioni del mio cuore.
Che quanto di bello ho dentro
da lei finalmente è nudo, nervo scoperto.
Sesto senso.
Ah! Ma per favore.
Ti sbagli, io mi conosco e tu, amico, non raccontarmi.
Vuoi forse dirmi come mostrarmi?
Non mi inganni: lo fai perchè sai che non puoi raddrizzarmi.
Storto son nato e la retta non è per me cosa certa.
E’ solo che son distratto, in un vortice a girare impegnato.
E allora sto agitato e non so dove vado.
La mente dispersa in faccende complesse.
Ma è così da sempre.
In fondo mi conosci, sai che dai calzoni corti io costruisco mezzi ponti.
No, dico sul serio: non è per lei che son come assente.
Forse è un qualcosa che in questi giorni dentro mi prende.
Davvero, smettila di crederti dottore.
E togliti quel sorriso inquisitore.
Com’era quella storia delle altalene?
Vento in faccia e senza terreno ti senti contento.
Ma scendi, sali, ridiscendi e risali.
Ti sembra d’aver le ali.
E’ un turbinio d’eventi che altera i sentimenti.
Forse, amico, forse hai ragione.
E il mio cielo oggi è un’invenzione.
E il mio fiato sospeso in attesa di un suo sorriso.
E il mio bene è capire come starle vicino.
Forse, o forse nulla di tutto questo è vero.
Vivo incerto solo per me stesso.
Per il mio tempo in cerca di quel che sento.
Preso dal momento son rapito e ad altro rifletto.
Nessuno spazio per quel sentimento.
Resto al di fuori del cuore.
No, non ci entro.
Sto fuori, in silenzio.
Respiro freddo.
E la penso.
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La distanza di una favola
raccoglie in un sussurro
la notte che ci travolge.
L’ attesa sofferenza
inebriata da quel punto
svanisce e già risorge.
Attendo la tua voce
improvviso ladro muto
barattandola di bisogno.
Anticamera d’amore
notturno ultimo saluto
su labbra da sogno.