mar 11, 2003 - Senza cicatrici    No Comments

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Nanti ‘Ie.

Il Pallone l’anno scorso, ancor prima di avere una forma, stava già rotolando.
Aveva già così tanto asfalto alle spalle da voler provare a sollevare la polvere.
Ed in Africa, considerato l’elevato numero di piedi che girano in coppia nel fango, quando la terra asciuga, beh in Africa dicevo di polvere ce n’è così tanta da esser sazi.
E solo di questa in effetti, a volte ci si ciba proprio.
Mattina e sera.
E così il giorno dopo.
E quello dopo ancora.
Ho deciso di dare in pasto un po’ di ricordi scritti in una moleskine durante i giorni secchi in cui il Pallone è stato da quelle parti.
La copertina è nera.
Dentro, ricordi. Neri.
Mangiateli pure.
Gustateli così, non soffiateci sopra.
Si devono assaggiare con la polvere.
Altrimenti perdono tutto il sapore.

Agosto 2001 (scritti in ordine sparso)
Cosa vuoi in regalo quest’anno per il tuo compleanno?
La malaria.
Ok, faremo il possibile.
Penso che se esco immune da questo inventato parcheggio di Kumasi posso anche fare il bagno nella fogna.
Son qui ad aspettare che questo Tro-Tro si riempia e nella fanghiglia di questo caos umano vedo sfrecciare insetti di ogni tipo.
Let it be.
Comunque questo è il giorno in cui ho conosciuto la foresta.
Piacere.
E’ immensa, sconfinata, tanto da disperdere lo sguardo sempre verso l’orizzonte.
Charles qui ci è nato, non ci fa caso, ma io sono come un bimbo e sull’autobus che si inoltra nella pista in the Savana rimango stupito a vedere con gli occhi quello che ho sempre sognato.
Uao.

Kumasi è la capitale dell’etnia Ashanti in Ghana.
Tanto caotica e trafficata quanto Accra, ma almeno qui non ci sono fogne a cielo aperto.
Oggi siamo di transito credo (forse). Come sempre poi, nella vita..
Per arrivare qui ci abbiamo messo quattro ore, meno del previsto. Ora tutto dipende dal Tro-Tro.
Realizzo di essere nel cuore dell’Africa nera.
Brutta sensazione.
Qui i venditori per attirare l’attenzione ti chiamano come se dovessero chiamare un gatto o darti un bacino.
Il Daily Telegraph di oggi dà notizie che oso non ripetere.
Realizzo che il tavolo che se ne stà in parte al Tro-Tro serve all’autista come appoggio per saltare sul tetto e sistemare i bagagli con le corde.

Realizzo che nei giorni in cui sono stato a Tema ero in una reggia e che alla sera mi accompagnava a “casa” sempre George e mai un taxi.
Credo che Charles lo abbia fatto per paura di rapine. Thanks.
Qui le persone hanno una pronuncia più gutturale, aspirata.
Arrivo a destinazione dopo tre ore.
Il Tro-Tro è un Nissan furgonato abilitato 9 posti. Passeggeri: 23 circa.
Il circa è dato dai bambini nascosti sotto i sedili e fra le mie gambe.
Charles quando è partito ha fatto il segno della croce, ne ho capito il perché quando l’autista, abbandonato il parcheggio e visto il primo rettilineo, si è fiondato a 130 Km/h sulla pista.

Al villaggio dove la voce dell’arrivo del Brunì (uomo bianco) si è sparsa in fretta.
Sono in un documentario.
E sono la bestia rara.
A raccolta davanti alla baracca di Sue (sorella di Charles) c’è mezzo villaggio, bambini in testa.
Esordisco con “Accuaba!” (saluto di benvenuto in twi) e provoco una risata generale.
E’ fatta. “Ghana is free” mi urla uno e giù tutti a ridere. Mi danno tutti il cinque ,ma io abile, li sorprendo con la battuta di mano che Goffrey mi ha insegnato. E vai! Sono Amico, friend.
Ci spostiamo alla capanna di Goffrey che insiste per vederla.
Un monolocale arredato con gusto e tanto di tenda divisoria fra la zona letto (un materasso) e il soggiorno.
Niente tavolo, ma una enorme tv. Che non funziona.
Poi è la volta degli amici di Goffrey. Saluto ancora tutti (quante mani, quanti nomi!) e Nanti ‘ie a tutti (buon cammino in twi).

Prima delle 8.30 sento due volte Martha che si preoccupa nell’ordine che io abbia riposato durante il viaggio, che io abbia pregato e che abbia mangiato bene. Mento tre volte, poi se ne va contenta ricordandomi che tra pochi minuti arriverà somebody to pick you.
Ok,mi vesto in tutta fretta e mi precipito sul ciglio della pista.
Come sempre, errore di valutazione dei tempi africani: resto li per due ore.
C’è chi ci resta una vita.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.