mar 15, 2003 - Senza cicatrici    No Comments

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E’ che ti ribolle dentro.

Allora si va.
Tra poco l’impulso diverrà realtà.
Come al solito prendo la mia anatomia e la mia irrequietezza me le metto nello zaino e chi s’è visto s’è visto.
Alla fine ha vinto ancora lui: ho provato a tenerlo buono cuccia giù a terra ma niente.
Monta che ti rimonta e poi ti smonta chiano chiano come sempre si è insinuato tra le piaghe delle mie vesciche indolenti.
E io hai voglia a dirgli di no.
E lui dentro a dirmi “dai”.
Comincia come uno spiffero che ti raggela quel “perchè no” e va a finire che ti travolge like a rolling stone.
E quindi si va.
Tanto lo si sapeva che finiva così: butta l’occhio a sinistra e ce lo vedi lì.
Stampato pixel su pixel, bianco su schermo: viaggiare è meglio che arrivare.
Non è che uno se lo tatua virtuale senza che sia importante.
Te scrivi di quel che non sai e lui sempre li a ricordartelo che non sei animale da stalla ma da pascolo.
Te pensi di essere nato stanziale e poi ti bastan tre mesi di trenta metriquadri per non voler più ruminare basso.
Che vuoi che ti dica, benedetto figliolo: vai.
Rotola sto Pallone prima che ti stritoli di malavoglia.
Su, è tempo. Manca poco. Spazzolino, taccuino, Nino presi?
Mmm, forse Nino è meglio lasciarlo.
Ci sarebbero ben certo pastori migliori, pratici ed esperti a cui affidare i pensieri sparsi mentre mi porto a spasso anima e corpo ma in fondo lui è il solo che viva in una capanna del sudore.
Perciò può trasudare, visionare, acchiappare sogni, ma mai sparire. Indi inaffidabile ma coerente.
E poi, qualcuno deve pur badare al recinto.

Se hai due ciacole senza spese poggiale sotto nel bianco.