ott 23, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Lasciarsi andare


Tonfo è il trillo del mio campanello immerso, attaccato al pelo del mio cappello.

Qualcuno soffocato da un qualcosa ha cercato un rimedio al suo guaio godendo nel tenermi sottacqueo.

Mentre me ne sto senz’ aria ho come compreso ad un velo di retina che ottanta anni medi in questa latrina dipinta non sono che un embolo a tempo.

E allora mi sarei detto che stare condizionale non aiuta a pensare.

Meglio incidermi un incisivo fisso e perseguirlo,

meglio non attendere e pretendere,

meglio insistere che prefiggere,

meglio un qui che un sarò.

Sprofondato nella falsa felicità da prondità rido del mio stato di precadeverico omino a termine.

Dal basco alla stupida,

dalla coppola alla bandana,

dalla tinta alla pelata:

in superficie la gente si squaglia

sotto i cambi di berretto ed io,

inzuppato d’omicidio in vittima,

rido, rido, rido.

Salgono le bolle plop plop dalle mie narici fino alla cresta divisoria e difettano un orizzonte incantato sulle stesse onde.

Solletico dalla giacca la mia riserva di grappa e scelgo mentre comincio ad agitarmi di stappare e trincarmi.

Etilico in asfissia deglutisco e mi sfido in cerca di un respiro.

Quasi ho un sogno.

Poi sfumo.
ott 19, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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E’ la prassi.


Il vuoto restringente lascia poco nulla di spiraglio per fare passare un tacito accordo o un credulone farlocco o perlomeno l’impressione di una illusione.

Il signor freddo lo conosci di persona quando nelle tasche hai niente: prima lo hai sentito dire e nulla più ma quando ti tocca allora la questione cambia.

E’ il tempo dell’imbottitura, del travaso e del contagio.

Bisogna chiamare nella radura le gonne ed i rossetti e lasciarsi tentare da qualcuno che da lontano schiamazza il tuo nome e più ti avvicini meno starnazza.

Alllungarsi i ricettori e provarsi in panni ipertesi.

Suscettibile: voglio essere maldestro e irascibile, sballottato andante senza reazione al colpo ferire.

Quasi quasi m’inforco sopra un terreno scosceso e mi divido fra quel che straccio e quel che ero.

Ho compilato tutti i moduli che mi avete chiesto.

Li lascio alla portinaia dell’Elemento.

Pùtaegia rembambida.

ott 16, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Bozzolo.

Mi avvolgo nelle coperte sperando che ne rilascino il mantice.

Dopo la quarta muta forse mi usciranno parole a chiave.

Ma ora è solo vuoto quello che provo.

Non mi dire che capisci, non mi fare il compagnone, non mi stare addosso con la scusa dello sfogo.

Solo. Voglio restare solo. Voglio essiccarmi , sudare e poi sbollire.

Ai miei fianchi, afferrami e stringimi ai lati.

Schiaccia forte con le mani e poi strappa se ci riesci.

Non mi serve a niente, ho ancora male.

Male che cresce, e la notte combatte con le mie ossa e la mia pelle, che mi devasta la mente.

Non sarà più quel che non volevo vedere.

Non sarà più un’altra occasione.

Non sarà più un’attesa di un’altra attesa.

Non sarà e pensare che sarebbe bastato un niente.

Anziché nascondersi dietro le paure di malattie finte.

Perdendo di vista la gioia di vivere.

Hai fatto traballare il mondo.

E la scossa.

Alla fine.

Per ultimo.

Mi ha raggiunto.

Mi ha fatto cascare.

Capire.

Farmi male.

Che da qui.

Per terra.

La vista è diversa.

Tutta un’altra cosa.

Dalla mia incredule presunzione d’altezza.

Data da quel che ritenevo saldo.

E che invece era un mezzo abbaglio.

Sto male per quello che di futuro ho perso.

Per tutto quello che è stato incerto.

Perché se davvero per mille volte ti ho detto si poteva.

Smettere i piedi da scarpe spaiate.

E cominciare per davvero assieme a camminare.

Adesso no.

Adesso sto male.

Adesso le tue parole.

Sono che neve al sole.

ott 12, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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A little bit.

E’ partito che cantava a cuore alto

braccio in alto con il sole stretto

per un ritorno profumato di legno

ed il ricordo cucito nel lenzuolo avvolto.

Se questo è il tuo miglior indovino

caro il mio trino qui non mi scandaglio

preferisco un altro laccio al cruccio

che un nuovo sermone da coprifuoco.

Dì solo al tuo figliolo spinato

che poteva amarlo un po’ di più

questo tondo

solo amarlo un po’ di più

quest’uomo

un po’ di più.

Adesso non farmi l’incensiere

tu e la tua faccia da eterno carceriere

fammi almeno questo piacere

resta zitto e caprino

difronte al tuo specchio assassino.

Se questo è il tuo macello di business

il tuo sommo occhio lungo ha fallito

preferisco cicatrizzarmi di vino

che farmi un puttaniere di false promesse.

Dì solo al tuo figliolo spinato

che poteva amarlo un po’ di più

questo tondo

solo amarlo un po’ di più

quest’uomo

un po’ di più.

ott 8, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Tempesta

Scendi

annacqua l’alcol nei miei bicchieri

scendi

riportami i brividi del mio ieri

scendi

e risvegliami i sensi

scendi

se smetti t’arrendi.

Mi hai chiesto

di essere stretto

in quel che mai sono.

Ora

fuori dalla mia terra

azzanno l’esca

quella sola mi resta.

Scendi

a coprire i lamenti

scendi

hai voglie da trasformare in serpenti

scendi

e battezzami gli stenti

scendi

a illudermi la carne di versi.

Mi hai chiesto

di essere stretto

in quel che mai sono.

Ora

fuori dalla mia terra

azzanno l’aria

quella sola mi resta.

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