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ott 16, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Bozzolo.

Mi avvolgo nelle coperte sperando che ne rilascino il mantice.

Dopo la quarta muta forse mi usciranno parole a chiave.

Ma ora è solo vuoto quello che provo.

Non mi dire che capisci, non mi fare il compagnone, non mi stare addosso con la scusa dello sfogo.

Solo. Voglio restare solo. Voglio essiccarmi , sudare e poi sbollire.

Ai miei fianchi, afferrami e stringimi ai lati.

Schiaccia forte con le mani e poi strappa se ci riesci.

Non mi serve a niente, ho ancora male.

Male che cresce, e la notte combatte con le mie ossa e la mia pelle, che mi devasta la mente.

Non sarà più quel che non volevo vedere.

Non sarà più un’altra occasione.

Non sarà più un’attesa di un’altra attesa.

Non sarà e pensare che sarebbe bastato un niente.

Anziché nascondersi dietro le paure di malattie finte.

Perdendo di vista la gioia di vivere.

Hai fatto traballare il mondo.

E la scossa.

Alla fine.

Per ultimo.

Mi ha raggiunto.

Mi ha fatto cascare.

Capire.

Farmi male.

Che da qui.

Per terra.

La vista è diversa.

Tutta un’altra cosa.

Dalla mia incredule presunzione d’altezza.

Data da quel che ritenevo saldo.

E che invece era un mezzo abbaglio.

Sto male per quello che di futuro ho perso.

Per tutto quello che è stato incerto.

Perché se davvero per mille volte ti ho detto si poteva.

Smettere i piedi da scarpe spaiate.

E cominciare per davvero assieme a camminare.

Adesso no.

Adesso sto male.

Adesso le tue parole.

Sono che neve al sole.

ott 12, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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A little bit.

E’ partito che cantava a cuore alto

braccio in alto con il sole stretto

per un ritorno profumato di legno

ed il ricordo cucito nel lenzuolo avvolto.

Se questo è il tuo miglior indovino

caro il mio trino qui non mi scandaglio

preferisco un altro laccio al cruccio

che un nuovo sermone da coprifuoco.

Dì solo al tuo figliolo spinato

che poteva amarlo un po’ di più

questo tondo

solo amarlo un po’ di più

quest’uomo

un po’ di più.

Adesso non farmi l’incensiere

tu e la tua faccia da eterno carceriere

fammi almeno questo piacere

resta zitto e caprino

difronte al tuo specchio assassino.

Se questo è il tuo macello di business

il tuo sommo occhio lungo ha fallito

preferisco cicatrizzarmi di vino

che farmi un puttaniere di false promesse.

Dì solo al tuo figliolo spinato

che poteva amarlo un po’ di più

questo tondo

solo amarlo un po’ di più

quest’uomo

un po’ di più.

ott 8, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Tempesta

Scendi

annacqua l’alcol nei miei bicchieri

scendi

riportami i brividi del mio ieri

scendi

e risvegliami i sensi

scendi

se smetti t’arrendi.

Mi hai chiesto

di essere stretto

in quel che mai sono.

Ora

fuori dalla mia terra

azzanno l’esca

quella sola mi resta.

Scendi

a coprire i lamenti

scendi

hai voglie da trasformare in serpenti

scendi

e battezzami gli stenti

scendi

a illudermi la carne di versi.

Mi hai chiesto

di essere stretto

in quel che mai sono.

Ora

fuori dalla mia terra

azzanno l’aria

quella sola mi resta.

ott 5, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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La mia conchiglia.

Resta sotto la sabbia spessa la mia conchiglia nascosta e protetta.

Invisibile agli occhi, si scansa al passaggio dell’acqua.

Rimane in battigia e nulla sprona la sua battaglia.

Suffissa in obliqua pendenza, incerta a indecidersi fra la marea e il bagnasciuga, lei un chissà cosa aspetta.

Zitta si insacca dal mondo senza mai per paura ferirsi di rugiada.

Preferisce fingersi pur di prendersi o farsi preda.

Smossa dal vento non fa una piega e ricerca anzi una nuova ansa.

Fugge dal destino portatore d’ansia e pur difronte ad una scelta inasprisce la sua corazza di madreperla.

A volte, sonnambula, s’accorge della sua presenza e di questa stessa non avvertita si spaventa.

Piange incredula se la spiaggia intera non si modella fra le rughe della sua testa.

E quando infine è accolta e fra due mani stretta, piangendo si ribella.

ott 2, 2004 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Inizio.

Ah bon.
Che ce ne sarebbe da spiegarti, e chi sono e come rotolavo ed il perchè del passaggio a livello con cambio annesso e poichè non mi hai detto niente e chi sei poi te.
C’è solo il momento di girarmi e riandare. Basta.
Pixel nuovi e freschi, attento alle dita sopratastiera: la vernice ancora suda.
Che le cose migliori un perchè forse non ce l’hanno addosso quasi mai.
Una riga da interlinea alta con dentro i grazie a chi palleggiava col Pallone ed ora si ritrova a fare i conti con lo Sghembo, a chi aggiornerà i link che è un poco come ristamparsi la mia via per le prossime cartoline in spedizione e a chi mi conosce solo adesso e di sghimbescio.
A tutte le anime passanti per di qua mi vien da fermarmi e stringerne i polpacci: guardarsi un poco per far conoscenza e tanta voglia di respirare sempre assieme un’aria diversa.
Si va perchè in fondo per questo io e te siamo modellati: pedalare in rotondo sopra questo orizzonte di mondo senza mai scordarsi di alzare le gengive e di non sentirsi mai pesanti.
Prometto l’andata. Al ritorno ci penseremo come sempre per strada.
Che ne vale no la pena
che i drammi sono ben altri
e qui si sta dritti e sporgenti in avanti.
Via. Stammi al passo anche stavolta, se c’hai voglia.

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