feb 8, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Sbuffo.

Io sto qua.
Davvero non disturbo.
Se non mi tocchi
io non scasso.

Aspetta.
Te lo ripeto.
Io
davvero
me ne sto quieto
se mi passi accanto
mi scanso.

Vivo nel mio
mi accorcio persino l’ombra
e quando osservo
lo faccio da miope.

Te
pensa al tuo.
Che me
mi avanzi.

gen 28, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Curva di Gauss.

Assoluta emancipazione del personale mio io dominante.
Mi rimetto alla completa disposizione dei miei impulsi retroattivi.
Dottore mi martelli il ginocchio propriò li sulla rotula e veda se riesce a far ri-rotolare sto immobile pallone in costante equilibrio statico.
Attento, ho i riflessi un po’ appannati e dal finestrino degli occhi mi devo spannare un’ offuscata visione notturna del pranzo.
Oggi lo chef propone tartine in salsa tartara dosandole squisite come delicatezze su piatti d’alloro guarniti di piume d’oca.
Necessito di bavaglino onde non sbrodolare una gioia da fame riacquistata al supermercato.
Colpa dei saldi. Auchan mi abbassa gli ammortizzatori scarichi e restringe la busta paga.
Resto sul piazzale, tolgo l’euro dal carrello per arricchirmi cerebralmente.
Celebro del resto un’inversione a ‘U’ investendo panni sporchi di traverso. I miei.
Nessun danno alla carrozzeria, solo il respiro è più affannato.
Dovrei allenarmi. Riprendere combustibile interno per stare al passo con la vita.
E’ il bioritmo che segue cicli astrali diversi. Forse son marziano.
Ultimamente poi non credo di credere nemmeno agli oroscopi senza credenziali.
Si presentan bene ma fingon ancor meglio di sapere.
E si ha paura solo di ciò che non si conosce.

gen 14, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Babushka.

Vinti inutilmente, sfrattati dalla sfera
trasparivano calcerogeni in coppia
senza perder il vitreo pensiero
di una memoria zuccherata
filata di traverso alla casa degli orrori.

Stavano ora da par loro circoscritti d’ atmosfera
in un parallelepipedo liquido non più contorno di boccia
ingenuamente più ampio terreno
del tondo monolocale da baracca lunatica
ma pur sempre prigionieri e mai attori.

Eppur sa da ammetter controvoglia
che per quanto ristretto
l’universo a matrioska
ci riguarda tutti dentro.

Non si sfugge è la legge
stravolgere il contesto
a volte serve a niente
e non ti fa esser che te stesso.

E’ sera torno a loro
Dio dei pesci scendo il cibo
dall’alto al basso verso il cloro
dosandone il respiro.

Come buono pasto un grazie
ma istintivo e sopravvivente
interpretato forse in altre branchie
mentre abbocca riverente.

gen 5, 2003 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Raro intimo da ultimo dell’anno.

Sono in viaggio. La scrittura è veloce, i pensieri lo sono ancora di più…Scusassero il ritardo…
A volte penso che questo mio “andare” questo mio non star fermo in un posto o in una situazione sia strettamente collegato all’indice della mia immaturità.
Un tempo credevo fosse spirito di avventura, fascino di conoscienza e lo confondevo con l’ attrazione provata verso luoghi e persone non viste, facce mai dipinte o sorrisi e strette di mano mai scambiate.
Poi invece, col passare degli anni, mi sono reso conto che questa mia natura di nomade cittadino, questa immagine di viandante civilizzato che mi porto sempre dietro e che sfugge da tutto e da tutti dipenda in parte anche dalla mia non voglia di legami, di punti fissi.
Mi succede così sia nei confronti delle cose più stupide ma anche con i sentimenti verso i quali dovrei portare più rispetto: non appena mi accorgo di restare in una situazione che implica delle responsabilità un poco più complesse e che mi obbliga a non sentirmi più “leggero” beh semplice, la cambio.
Di solito quando me ne rendo conto passo da uno stato di totale euforia ad uno di apatia controllata.
Sbaglio, parlo poco, tendo a interiorizzare i sentimenti, valutarli e “trattenerli”.
Un passo prima di affrontare il cambiamento stabilizzante io scelgo la fuga.
E se mi danno delle possibilità per accelerare il passo non me lo faccio pregare due volte.
Mai tentato di cambiare, mai tentato di provare a valutare la situazione da un altro punto di vista.
Spesso, arrivato a un bivio, per istinto scelgo la via sbagliata. Masochismo pellegrino.
E, testardo come un mulo, non confesso nemmeno a me stesso che l’altra via sarebbe stata migliore, che avrei perlomeno dovuto prenderla in considerazione, che forse se avessi girato a destra ora qualcuno non continuerebbe a stare in pensiero, ad aspettarmi, a tentare di capirmi.
Spesso lungo il percorso ho incontrato persone accanto che volevano trattenermi. Raramente chi invece era sintonizzato sulla mia stessa lunghezza d’onda.
Ma potrà mai uno nato pastore diventar coltivatore? E di che? Di illusioni?
Meglio disperderle lungo il cammino.
Uno come me chi se lo piglia?
Bel carattere eh?!
Senza nemmeno pensarci troppo, dicevo, rifuggo le catene. Mi irritano i polsi.
A volte sono cose banali, altre invece, come la ricerca di una casa, il lavoro, i legami affettivi, li affronto con una sfrontataggine ed una leggerezza che rasenta l’assurdità.
Insomma io sto bene quando sto in movimento, quando il ritmo dei pensieri e dei respiri si confonde col cammino.
Quindi sono immaturo.
Quindi non riesco a essere coinvolto in situazioni stanziali, quindi fatico a instaurare rapporti che mi creino delle limitazioni.
E in effetti mi accorgo che quando mi volterò indietro alla fine della strada continuando così mi resterà gran poco, tranne chilometri di curve per aver avuto paura di incontrare un punto fermo.
Lo so.
Ma continuo a camminare.

dic 31, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Lastricando la strada di buoni propositi.
Radiosegnale del 31, codice morse decifrato a pixel.
Messaggio di fine anno a Blog unificati.
L’economia gira con noi, ma attento a non voltargli le spalle.
Dicono che un’onda anomala è una rarità e che fortunato è l’uomo che in vita ne incrocia la strada. Stromboli!
I Clerks in bianco e nero, Dante e commessi della vita, si scrollano dalle gambe le ultime insicurezze.
Io qui oggi non ci dovevo neanche venire, ma bello mio cocco de mamma siamo in ballo e quindi…
L’importante che sia un tango, de più, un Radetzsky vista l’ora.
Allora, sorridiamo? E che casso… Basta poco che ce vò.
Accuaba Charles, mio Ghana Taxy fifteen years old dal sorriso antinotte.
Qui si comincia un trecentosessantecinque di nuovo viaggio senza pista senza foresta senza fogne a cielo aperto.
Ma non ci si dimentica.
Ma non ci si arrende.
Poggio il mio ipocrito culo su un appiglio riscaldato.
Tra poco.
Mangerò con postura classica lenticchie e zampone.
Rutterò.
Riempirò l’aria con due ore di inutili discorsi raffreddando il cenone e demeritando il cuoco che tanto s’era impegnato grazie al mio tempismo da culo di gomma.
Ipocrito. Riscaldato.
Domani.
Sarò in viaggio con una schiuma da barba mignon nello zaino, regalo più gradito di una bimba che tutto di me ha capito senza bisogno di nulla.
Il movimento come condizione necessaria non sufficiente.
Non sciupatevi nell’attesa.
Siete così della bella gente che quasi mi vergogno a pensarvi tristi.
Scusate l’affronto.
Se avete speso tutti i vostri averi, giocatevi la vita. Con voi stessi.
Monodialogate con i vostri buoni propositi.
Ubriacatevi senza liquidi.
Accorgetevi di respirare.