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Ho perso
il mio sospiro.
Credo per strada.
Trovandolo,
vi capitasse,
calpestatelo.
Col tacco.
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Ho perso
il mio sospiro.
Credo per strada.
Trovandolo,
vi capitasse,
calpestatelo.
Col tacco.
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Santiago de Compostela.
Una parola, inchiostro su pixel che scivola via al prossimo post.
Una città, una cattedrale che da sempre se ne sta immobile fra il grigio fuliggine della facciata e quello uggioso del cielo che la avvolge.
Un viaggio, duro come i muscoli delle mie gambe.
Trecentotrentachilometri posso scriverli per lungo ma non te li posso far capire.
Nessun superuomo, solo far i conti con te stesso usando il passo come metro, Nino docet.
E punteruoli pianure, brughiere, colline, vento, montagne, colline vento, pianure, paesini e città, sogni e miraggi.
Ma ci sono arrivato, sfinito e sfiancato.
E son crollato su quel piazzale con negli occhi quello Xacobeo di pietra granitico che quasi ti piglia per lu culo tanto ti sfotte dall’alto col suo bastone e la sua conchiglia immobili.
Ma ci sono arrivato, sacco a pelo e barba.
Entro, in questa cattedrale, silente e furtivo la osservo in penombra quasi da estraneo.
Eppur mi porto una credenziale con timbri che riflettono ostelli, rifugi e fatica.
Ma me ne sto in soggezione cullato dall’oppio dei popoli mi distendo su una panca sacra.
A mezzogiorno sto avvolto in questo fumo insensato e incensato che il botafomeiro vorticoso e oscillante mi regala come allucinogeno spettacolo.
Ora che la prima notte nel mio letto è passata con in grembo la Compostela, ora che il profumo delle mie lenzuola ha coperto di ritorno il mio stanco sonno, ora sorrido di un viaggio ultimato e penso a quale strada prender domani.
*Per chi volesse avere informazioni più dettagliate sul Cammino di Santiago, in cosa consiste e come organizzarlo sono ovviamente disponibile a fornire qualche piccolo consiglio, basta scrivermi.
Grazie a tutte le persone che mi hanno aiutato a buttar cemento e calce per costruir questo viaggio.
Grazie a chi mi ha dato informazioni per poter arrivare a Santiago e a chi mi ha logisticamente seguito e incitato via mail e sul Pallone.
Grazie a tutte le mani strette e a tutti gli incitamenti di ‘Buon Camino’ raccolti come fiori lungo l’asfalto.
Grazie a Gianni.
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C’e’ che si va avanti.
Si cammina.
Si Pensa.
Si cammina.
Si soffre.
Si cammina.
Si riflette.
Il sudore che cola lungo la linea bianca che delimita la carreggiata, il silenzio di questa Galizia che sembra rubare un pezzo d’Irlanda, l’acqua che per quanto ne beva non e’ mai abbastanza. E Santiago chissa’ perche’ piu’ ti avvicini piu’ ti scappa, ti sfugge, trotterella via un passo piu’ in la’ del tuo maledettissimo fiato.
E si va.
Caviglie grosse, polpacci duri, labbra che scricchiolano. Signore dei viaggiatori se mi sei apparso e ti ho ricacciato non ci far caso sono i chilometri che mi fan parlar strano.
Guida questa nave ad una branda questa notte, coprila di un sacco di pelo di pellegrino, portala a spasso ancora un po’ in questo mare d’asfalto, terra e polvere.
Ancora un po’.
Bastante.
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Qui si sta di un gran male ai polpacci.
La strada e’ gia’ tanta negli occhi che duole sotto le punte dei piedi.
Noi si va verso O’ Cebreiro, che domani attende silenzioso l’arrivo di faticosi pensieri.
Son gia’ oltre cento i chilometri nello zaino e il tramonto domani calera’ giusto a meta’ di questo viaggio.
Avevo promesso di tenervi informati, ma credetemi non e’ facile.
Non solo per il dipanarsi fisico del cammino lungo questi che son solo nomi di paesini incastrati sulla piantina della Spagna settentrionale che riposa nel mio zaino, ma anche per la sofferenza che in questi giorni si porta nella testa.
Cosi’ si sta tra color che son sospesi senza il senno di potervi scriver due righe di senso, senza il nesso di lasciarvi per ora un pensiero gentile.
Vedo solo conchiglie che indicano il cammino, la strada che mi segna dentro e il monte che domani mi attende.
Buoni sogni.
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Well, ci siamo.
Scusate se in questi giorni la scrittura sara’ veloce, i pensieri sparsi e la testa altrove.
Ma succede, in cammino.
Oggi: Barcellona.
Tappa di transito, solo giusto il tempo di lasciare quattro orme sulla rambla, assaporare gli occhi degli spagnoli per un aperitivo d’incontro e osservare le bandiere della pace appese ai balconi spagnoli.
Qui va di gran moda anche appendere un drappo bianco, magari candido, con qualche minuscola scritta che faccia arrivare il messaggio al destinatario.
Ve lo dico, magari hola hola vogliate mettervi a spagnoleggiare a Buccinasco o a Cava dei tirreni. Ole!
Stasera si piglia un treno, destinazione Leon.
E domani mattina alle quattro e trenta comincia il vero cammino, anche se le persone che mi hanno indirizzato a questa scelta mi hanno ovviamente catechizzato con parole Galatina al cioccolato del tipo ” in fondo, il cammino comincia dal primo desiderio di compierlo”.
Spero di tenervi aggiornati.
Intanto, rotolate.
Qui, sotto un cielo grigio cenere catalano, si comincia a contar passi.