dic 21, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Imbarazzanti attorucoli imbalsamati.

Tra l’arteria e il tepore quel che cambia del nulla è l’assoluto realismo di un’ esasperazione del dolore.
Centrato il bersaglio si paga il conto, spente le luci si spazzola il velluto.
Rimando al concetto sacrale biblico rivoltante ma per ammissione superiore costretto all’approvazione.
…polvere siamo e polvere ritorneremo…
Lascio al volgo il tocco bisferico.
Ma posizionati che siete in quella buffa postura, difficilmente contraddirete.
Quel che rimarrà sarà il pensiero.
Massimo due lustri e vi lucideranno i resti dei legni marci che vi faran da contorno.
Pietanze dell’al di là: non ci sarà più tempo per scegliere il menù.
Ginnasti della fortuna, amebe del pensiero, lucidalabbra da puttane: crac sarà il vostro sibilo.
Eccezioni di parcheggi introvabili: non incanalatevi.
Non fuggetevi quello stereotipato attimo per scoprir d’esser al punto del limite e mai d’aver creato.
Qui bisogna esser vivi, non esistenti.
Qui s’ha da far brillar le stelle con i nostri zippo.
Qui c’è da ingegnarsi e stringere il bofice.
Perchè quando finiremo l’ultima diretta vi voglio ubriachi, mezzi nudi a distribuir gioia,
mica infossati a invidiar passati non vostri.

dic 19, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Il buon risveglio.

Eh!
Adesso portala a spasso tu l’angoscia mia.
Eh!
Vieni tu a lacerarmi dentro: squartami, leggemi, scuotimi e rimetti tutto in ordine.
Ricuciscimi.
Eh!
A saperlo prima mi compravo un souvenir diverso.
A saperlo prima mi vendevo le sudate fatte barattandole con animali dal sangue freddo.
A saperlo prima mi illudevo dopo.

dic 13, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

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BlogRunner.

Anno di grazia DuemilaECentoEQualcheVita.
“Nei primi anni del secolo si diffuse un nuovo movimento nel mondo della cultura italiana.
Radicalmente innovativo anche nella forma di comunicazione, il “Blogghismo” vide le sue origini nelle prime manifestazioni di diffusione telematica.
Internet era agli albori della sua storia: il mezzo che da li a poco avrebbe completamente stravolto gli usi e i costumi della società moderna era, all’epoca, solo una rudimentale scoperta dai contorni non ancora definiti, un embrione che solo la storia ha poi saputo modellare nelle sue più complesse e attuali forme.
Ciò nonostante, un ristretto gruppo di intellettuali (?) ebbe modo di intuire le acerbe potenzialità di questa nuova forma di espressione culturale e, sebbene disomogenei nelle forme e negli intenti, portare all’attenzione dei salotti perbene una ventata di nuove idee che diedero ossigeno ad una ristagnante empasse appiattita da decenni di informazione monodirezionale.
A volte affiancandosi ai mezzi ‘ufficiali’, a volte opponendosi con forza e proponendo una innovativa controcultura, con l’ausilio di un mezzo potente e allo stesso tempo accessibile a tutti, riuscirono ad imporre finalmente una nuova ed originale rivoluzione del pensiero.”

Dissertiamo.
Che detto così può sembrare logorroico interinale, solo non riguarda astrazioni intestinali.
Dissertiamo sul non senso di un uso arzigogolato, di un fancazzismo verbale impresso.
Noi, la loggia bloggatara.
Sproliloquio: figli dei figli non nostri (miei in veritas) che tra un lustro leggeranno su supporti non cartacei di sfumature non comprese, di autori innovativi, di una loggia massone della controcultura.
Smorzamento degli angoli, semplificazione e firma del registro.
Ci studieranno. A breve parleranno di noi come una nuova moda, la tendenza internettiana a diffondere il personale che nel frattempo ne avrà smarrito l’origine.
Tra poco, pochissimo finiremo sui telegiornali, intervisteranno Zu, Sauro, Leonardo, il Rillo, gli Asphaltiti etece: diverremo istituzione.
Sorprendente parlarne al futuro prossimo con la sensazione stranita mista a stupore che tutto questo non sia già successo.
Una volta diffusi, amplificati e spolpati dalla massa riverenti toglieremo le scarpe e ci si puliranno i piedi con i nostri zerbini.
Dio tempo senza bestemmia sua almeno giocherà a raccoglier frutti dalla cenere.
Finirà a immaginar pargoli bionici esercitar gli ingranaggi su quel che menti pensanti avevan prodotto all’inizio del millennio.
Noi intanto si scrive.
Che poi forse, mica ne siamo tanto capaci.
Ma inganniamo bene.
Io primo.
Che poi forse, c’aveva ragione mio padre, che a continuar a scrivere si portan mica a casa i sghei.
Filosofo del fil di ferro.
Io primo.

dic 6, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

Disteso sotto l’arco di un portone convesso.

 

 

Disteso sotto l’arco di un portone convesso

aveva l’aria di chi pensa a scatti

e stringeva in mano il resto di una vita a pezzi.

Lo svegliarono in ronda di coppia

dopo averlo spogliato anche dei sogni nascosti

rispose alle urla con un sorriso perdente

e si spolverò le scarpe in attesa del cammino.

 

 

Alzata la sua ombra che era quasi genuflesso

pensò bene di ringraziare i gendarmi

e mostrò il pugno alla ricerca dei ricordi dispersi.

Scambiando la pace con un segno di bisboccia

inveirono sul corpo da animi corrotti

tentò un ultimo riparo all’abuso di legge

ma guardò il cielo e non vide che un segnato destino.

 

 

Resta il cartone

che nascondeva un pensiero

che pregava il passante

di esser sincero.

 

 

Resta l’odore

che deviava il sentiero

che raccoglieva sonante

moneta dal clero.

 

Finita che fu l’opera

spolverarono gli stemmi, si alzarono il bavero

e rimisero i legni a contatto di altra carne

volgendo lo sguardo al mercato imminente.

Di li a poco popolata la piazza era un brusio

soffocata dalla notte ospite in ritirata

che alla chetichella sgattaiolava tra le bancarelle.

 

 

Non lasciarono che una pozza di sangue povera

senza nemmeno avere il tempo rapido

di restare a contemplare la loro opera d’arte.

Lo trovarono in mezzo al segrato, quasi impertinente

ad occupar lo spazio spettante al buon Dio

morto ad inizio di giornata

svenduto al mercato di un’ esistenza inconsistente.

 

 

Resta il cartone

che nascondeva un pensiero

che pregava il passante

di esser sincero.

 

 

Resta l’odore

che deviava il sentiero

che raccoglieva sonante

moneta dal clero.

nov 9, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

Passeggiava ristretta. Lei.

 

Tintinnava sul marciapiede evitando le pozzanghere con i riflessi dei braccialetti d’oro.Umida.

Avanti e indietro. Più calda di un Novembre inoltrato che respingeva con piccoli sbuffi di vapore partoriti da un burrocacao accogliente.

Sorseggiava distratto. Lui.

Immerso nella bagnacalda umana, appendice temporale del tavolino all’angolo di quel bar senza insegna. Scotch. Secco.

Ordinava pensieri sparsi. Ritmava tamburellando le dita sul quaderno aperto algoritmi di una vita che gli presentava il conto.

D’estate incrociando le gambe metteva a sedere i suoi inutili drammi. Lei.

Su quella panchina, un libro come paravento al destino, incuriosiva i passanti del parco cercando di interpretarli.

Le piaceva distrarsi in altre vite, svago gratuito e alternativa pericolosa.

I giorni di festa gli regalavano un sorriso amaro. Senza catene se ne stava rannicchiato accanto alla sua vita. Lui.

Custode di un abbandono mai riuscito, passava le domeniche in attesa di un ennesimo e rassicurante lunedì assorbente.

Fu la porta del locale a farla entrare.

Fu lo sguardo intuìto e nascosto a farlo voltare.

Il destino è una scelta.