set 23, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

M’è capitato di dipinger sassolini.

E’ un lavoro di pazienza, attesa, frustrazione e dosaggio del colore.
Serve un pennellino, talmente piccolo da condensarci le parole.
Ti metti li, pigli il primo sassolino.
Respiri.Sospiri. Lo rigiri fra le dita.
Lo scarti.
Perchè il primo, non è che abbia mai capito il perchè, lo scarti sempre.
Fa nulla se poi alla fine era il più adatto.
Niente, hai deciso che non andava bene, che era meglio quello un po’ più piatto, o più liscio.
O semplicemente lo scarti perchè è il primo.
Mai capito il perchè.
Prendi il secondo.Superi la prima fase, lo certifichi e lo rendi idoneo all’opera.
Omologato.Via.

Adesso è il colore. Cosa spalmare sopra il grigio? Il grigio è una buona base. Inutile.
Dipende dal progetto che hai in testa.
Puoi mica partire con un giallo se vuoi dipingere il sole.
Troppo facile, troppo piatto, troppo liscio.
Scartato. Via.
Il giallo,intendo.
Pausa. Indecisione.
E ancora,nemmeno un segno sul sassolino.

Una bottega, meglio:un retrobottega.
Magari un bancone di rovere così antico che se ci fai caso vedi persino gli occhiali dei tarli che fan capolino e ti salutano lenti alzando la zampina.
Buongiorno nonno tarlo.
Due passi dietro trovi la parete color bancone che chiude lo spazio e il tempo.

Ecco, vada quindi per i colori caldi. Tutto su tinte marroni. Niente variazioni o contrasti, un’andatura lieve.
Via dai, puccio il pennello nel marrone.

Un passo davanti alla parete le rughe,la giacca con le toppe, l’alito sporco e l’infarinatura bianca della barba che rende l’orologiaio quasi fermo.
-Mi dica giovanotto, c’è qualcosa che può fare per lei un vecchio come me?
Un passo dietro all’uomo, come un sussurro o un brusio di commento, le lancette tic tac tic tac asseriscono e approvano la domanda.
Come si fa ad approvare una domanda?
Mi stanno valutando. E sono tante.
Le lancette. Dentro agli orologi appesi alla parete.
La parete,quella un passo dietro al vecchio.
Che è la stessa a tre passi da me. Nel caso vi foste persi.
Comunque son davvero tanti questi orologi.
-Giovanotto, non è che mi sia rimasto molto tempo sa?

Quindi ci devo mettere anche del bianco.Bianco panna.
Colpa dei quadranti.
Quelli a cucù li posso ancora spalmare in dissolvenza, ma quelli rotondi e moderni,con i numeri neri grossi a contrasto, beh quelli devo proprio farli bianchi.
Magari uso un secondo pennello, così evito di annacquare l’altro.
Così adesso siamo qua: io, il sassolino (che è già quasi un mondo), due pennelli, un orologiaio,due colori,un bancone,una parete,una risposta in attesa.

- Allora ragazzo?
- Non la posso dipingere.
- Come?
- Ho provato, ma indossa una camicia a quadretti, o almeno questa è l’unica scusa sensata. Insomma troppo piccoli nel piccolo, ci son dei limiti e un compromesso richiederebbe una tinta unita, bianca o marrone. O farle cambiare camicia,ma dubito che sia daccordo. Ammesso che ci riuscissi,comunque, lei non ci starebbe.
- Non ci starei dove?
- E poi male che vada dovrei toglierle qualcuno di quegli orologi appesi lì dietro, altrimenti sono quasi sicuro che lei si confonderebbe con lo sfondo.
Dovrei rubarle del tempo.
-Mi sa che me ne hai gia rubato abbastanza del tempo, figliolo.
-Ha ragione.Mi scusi.
-Non c’è problema.
-E’ da molto che fa questo lavoro?
-Da più dei tarli.
-Le piace?
-Mi è piaciuto.Almeno sò sempre che ora è.
-Per cosa?
-Cosa?
-Che ora è per cosa?
-Questo non lo so ragazzo.Sicuro di star bene?
-No. Chi ne è sicuro?
-Ha ragione. Ora mi scusi, ma se non abbiamo niente da dirci è meglio che torni al lavoro.
-Già.
-Già. Buona giornata.
-Buona giornata anche a te ragazzo e auguri.
-Per cosa?
-Per i tuoi quadri. Non dipingi?
-In un certo senso.
-Sei strano ragazzo.Indubbiamente.
-Non mi sono mai posto il problema.Di nuovo…
-Di nuovo.
-Comunque non le volevo mica rubare del tempo.
-Lo so.
-Glielo volevo restituire.
-…
Finito. Se prendi una lente noti persino la marca di quelli in alto a destra, vicino alla macchia di umidità.Probabile che entri acqua dal tetto.
Non è stato facile, perchè li il sassolino fa come un incavo e curva veloce e la difficoltà è fare asciugare in fretta il colore prima che coli e rovini tutto.
In compenso i numerini sulla cassa di ottone sono usciti una meraviglia.
Ora allontanati un po’ e dai uno sguardo d’insieme. Non male vero?
E pensa che ho usato quasi esclusivamente bianco e marrone.
Anche per il vecchio orologiaio.
Alla fine son riuscito a dipingerlo.

set 7, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

Giocare a dadi col destino è una gran bella sensazione.

Ti divide dentro in combinazioni statistiche, ti altera il metabolismo.
Se sei fedele a qualsiasi religione eccoti lì sotto la croce, spugna imbevuta e macchie d’aceto sulla tunica di qualcun’altro.
Se il fumo che ti attira non è incenso ma si alza dai posaceneri incastrati nei panni verdi,allora rifletti slot machine e donne bellissime seduto un tavolo fatto quasi mai per mangiare ma per esser digeriti.
Sei sfaccettature, sei lati di un’unica anima cubista.
Di solito loro, i dadi, se ne fregano di te.
Lanciati in coppia nel bungee jumping quotidiano, rotolano verso un destino mostrando raramente insieme la stessa faccia.
Speranza,quando credi di stringerli in mano col tuo destino.
Insicurezza inconscia, nel vederli rotolare lontano.
Quasi sempre inammissible incomprensione quando regalano la felicità ad un volto che non è il tuo e realizzi che in fondo le combinazioni sono comunque una in più della tua ingenua convinzione.
Ma è un attimo che hai già alle spalle.
Poi di nuovo: altro giro altro regalo.
Perchè tanto lo sai, che prima o poi toccherà a te.
E sarebbe un peccato non esserci.

set 2, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

Sai qual’è la cosa buffa?

No dico, davvero non mi guardare con quella faccia, ci scommetto una vita che t’è capitato anche a te…po’ pur S… va beh allora non te lo dico comunque è vero…vero cosa…accendi i fari è buio…non è che mi ci metta davvero d’impegno ma è che capita…che razza di radio, si prendesse una stazione decente…muoversi con gli occhi,strada deserta, manco un lampione…comunque fai tutto e non ti accorgi di niente, in realtà è come se ce l’avessi già in testa, già bello e costruito ma poi il muro è la realtà…ecco ci mancava solo una canzone depression, cambia stazione, buio che non si vede se non te lo immagini…ma è vero, testa al finestrino, scommetto che ti succede anche a te… po’ pur S….male alla testa, botta che botta come è successo, idiota…un sottofondo, un’inquadratura, un film, ma non è un film, ma tanti intrecci…solo fari di posizione speriamo poche curve…strada o binari, comunque sai dove vai ma o ti scegli o ti lasci scegliere, paralleli… e poi all’improvviso si incastrano tutti e immagini, cioè pensi quel che non è o quel che vuoi che sia…disordine, riordinare la mia stanza, riordianare la mia vita…no certo ti capisco succede a tutti…si vede niente..no?…Capisci, come un film insomma, ma mi ascolti?…che male alla testa…ma è l’unico profumo che hai…si certo, capisco, ma mai un finale uguale, nel senso nella mente è quello giusto ma poi chi sa perchè chissa per…insomma un intreccio difficile…polmoni ok, cuore va per la sua strada, testa, che mal di testa…buono è? lo spruzzi, lo senti, lo ricordi ma poi non c’è, è questo il trucco che fa male.. mal di testa…comunque capisco.
Sorrisi,abbracci, profumi,compassione.
Strada senza un lampione.

ago 18, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

Non che vi sia un posto, credo.


Nemmeno che esista un tempo, giuro.
Ma il problema è il bagnoasciuga.
Il Pallone d’Agosto rotola sulla spiaggia e vi passa accanto spruzzandovi la sabbia negli occhi.
Prendetevela con i bambini che giocano a costruir castelli di sabbia, i più bravi lo faranno per tutta la vita, i più fortunati verranno ricordati per averci abitato, in quei monumenti precari esposti al sole del mondo.
Quelli a metà del tragitto, a cavallo dei trenta, ne chiedono le stanze in affitto, di quei castelli.
Tutti comunque prima o poi credono di aver sognato l’arcobaleno.
E si svegliano.
E il naso è bagnato, il temporale passato.
L’amore sognato, il castello distrutto.
E si ricomincia.
E intanto il Pallone rotola, fino alla riva.
Un’onda lo prende in grembo, un’onda lo culla, un’onda lo riporta al bagnasciuga.
Terra di mezzo, tra chi sta in mare e chi è spiaggiato, approdato o naufragato.
Terra a metà, orme che cambiano di continuo.
Onda dopo onda.
Bimbo, hai visto per caso il mio Pallone?
Il problema è il bagnoasciuga.

ago 12, 2002 - Senza cicatrici    Dicevi?

Il Pallone sta rotolando.

Verso un’atipica fine estate 02, e probabilmente ogni Tg già vi ha detto che è la più anomala degli ultimi 30-40-50-1000 anni.
A seconda del redattore, dell’agenzia e del commentatore che può produrre una variabile incostante di papere sappiate che ogni 365 giorni instabili vi sentirete dire che quest’anno, ma solo per quest’anno, siete partecipi della più calda e/o più bagnata e/o più assurda estate degli ultimi X lustri.

“D’altronde è così”, dicono le rughe anziane abbassando l’asse di coppe sopra la tovaglia plastificata a quadretti rossi e bianchi della Trattoria Assunta.
“D’altronde è così”, picchiando la carta non troppo forte per non far gli sboroni e per non rovesciare il calicino di bianco scientificamente posato sull’angolo estremo dell’area di gioco.
“D’altronde è così”, dogma asettico fra un grido di “SCOPA!” e il sussurro del pettegolezzo sulla figlia del suocero della zia del tale che aveva il casale che si imboscava col marito della di lei compianta facente parte della famiglia dei soprannomi di paese che raccolgono un’anima.
“D’altronde è così” e te lo dicono da lontano ma non si spostano.
E’ solo la voce che arriva, credo, con un attimo di ritardo.
Comprensibile, visto gli anni che ha dovuto attraversare per fare il giro di una vita e arrivare da te.
Semplice e increspata.
Una voce così, solo i vecchi la sanno fare. Se ci provi tu è comicità, se la fanno loro è storia.
E quindi ci credi.
Poi gli cerchi gli occhi, per capire, sperare, che oggi vedano il sole.
Ma gli occhi non li trovi.
Sono fessure con gemme di pupille.
La fronte è più bassa per il peso degli anni, il raggio di sole segue la curva della schiena piegata che ancora trasuda sudore e quando pensi di averglieli visti, gli occhi, già sei perso nella cartina geografica delle loro mani.
Nemmeno il colonnello Ciocci Yoghi Giuliacci potrebbe competere con loro. Sconfitto in partenza,senza nemmeno avere il tempo di attaccarsi al satellite, al centro Epson e alla madonna di Ceznokova.
A loro basta alzarsi bestemmiando dal tavolino (se ti scegli il socio peggiore a briscola sai già come va a finire) ,spostarsi bestemmiando su quella striscia di sabbia di 2 metri per 20 ( adesso le squadre le faccio io che il Toni ha l’artrite e mi pende sempre a destra e il Tito che è zoppo mi scavalca sempre il boccino), alzare gli occhi al cielo e decidere il destino del tempo, del loro solitario mondo, e della partita a bocce del pomeriggio.

-Toni, sa diset, al pioerà amò?
-Sappie me, so mia el Bernacca!
D’altronde è così.