Son vent’anni già
Son vent’anni già:
ti cerco in ogni rima.
Continuo lo spasso
sentendoti in ogni passo
ma al mio vero nome
manca sempre la tua voce.
Son vent’anni già:
ti cerco in ogni rima.
Continuo lo spasso
sentendoti in ogni passo
ma al mio vero nome
manca sempre la tua voce.
Basta un soffio,
una cadenza d’inganno,
un deserto che danza,
una piuma sul pianoforte
o il gluire di un Lonfo,
un invito al ballo,
una nave che salpa
per sceglierti la sorte.
Stringiti, vivi
e ridi forte.
Mai abbastanza, abbastanza mai,
inadeguato, irrisolvibile, fuori tempo,
inetto alle traduzioni delle onde,
perennemente lontano dallo svolgersi,
distante da chi troppo si avvicina
e da chi non si sa come raggiungere.
Mai abbastanza, abbastanza mai,
incomprensibile a se stesso,
esausto d’animo e strumento inadatto,
scolato dai sensi, sdrucciolo agli affetti,
disadattato nei modi e tra i fiori,
sbagliato fra ritorni e perdoni.
Nel preciso sciocco istante
in cui si tenne stretto al cielo
annegando di orizzonti
e illudendosi per chissà
quale roco nitido futuro
- per poterlo non dico ricordare
ma perlomeno raccontare
agli altri o agli astri -
ecco in quel si diceva
preciso sciocco istante
dismise di essere
participio passato del niente
e sbucò allegro al cielo
senza manco un credo
o un pensiero sbadato
ma con quell’oltre nello sguardo,
un coraggio educato,
un ninnolo di sorriso,
una mano intrecciata di nascosto
e un buon posto
dove se non tornare
smettere di abbaiare,
restare per ascoltare
mentre l’attorno
gli rubava il buio
stringendo arreso
un fior di mistero.
Sfiori di sguardi,
risate scalze,
balli imprevisti.
Fiori codardi,
madide albe,
futuri intravisti.
Ruvidi pranzi,
labbra sante,
trucchi già visti.