Gli alberi a raccolta
s’osservano a distanza
lunga l’aria
vuoti i campi
accade e precede
al tocco è sale
il sangue smette
la luce stringe il fiato
l’ago buca ignaro
mentre la perdita
resta nel tuffo
e il gelo in fiducia
china il capo
azzanna
e attende il calore.
Raccolgo i rami
caduti per me
accarezzo le gemme
scosto la neve
vado.
Brucia d’acqua che cambia
picche d’affonda orchestra
aria di baci a raccolta.
Scrivi resta
d’arpa sbiadisci pensa
scherza e stringi
pizzica le gocce
cammina
quasi come se
libellule a gas
vesciche d’anche sgomente
attese
sbuffa
l’impossibile
è dietro le antenne
fissa e passa
ridi e sbalza
al chiamarti matto
saltella e mostra
sfuma.
Dazi ed incensi
lontani dai giusti sentieri
opachi e pesti
brillocchi di quieta cera
unti da palmi di mani stanchi
scorze di quei forse
di cui danzano le onde.
Miele di rena
conta di buffi racconti
monile sgretolato dai sogni
più colpi che spinte
che di gioie brune
e pasti dipinti
son piene le quinte
e sazi solo i vinti.
Di mare
dovreste salpare,
toccar di schiuma
sentire l’assolo
quando si è soli
muover ruotando
senza l’aria in terra
nulla e tutto
potesse questo
natarvi un risveglio
scovarvi effemeridi
scalzi e sestanti.