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mar 22, 2018 - Calamai    Dicevi?

L’altezza per raccontare

Beati
che ci avete sempre il dire pronto,
il gonfio dell’ego
e lo spulcio della sapienza:
ovvio che siate sempre i pronti del dire selfoso,
del guardami che hai bisogno del mio bisogno.
Però, per dire, davvero c’è chi anche
quel gran giro dell’aver già sentito
e quel misero senso del cosa forse pare
da un bel po’ l’ha mandato in fare.

Bisogna avere l’altezza per raccontare,
non basta il possesso d’intelletto:
serve non dico la patente del sapere
ma almeno la coscienza del mezzo.

feb 19, 2018 - Calamai, Mangianastri    Dicevi?

Fa sito e va a laurà

Serpe senza siero
alla fine del lume
non c’è il pieno di gente
o il sarto di Panama
ma solo material blending
fra la darsena e Loreto
e scavi nei boeri
senza ruoli o premi.

Minuti ministri
meglio che vada
o che voti a polmoni pieni
e spiriti glabbri
dica che c’è
ce l’ha con me
lei non sa
ma guardi suvvia
mi fermo e mi slego
va meglio così
¿tu me comprendes
dai docà
fa sito e va’ a laurà.

Ale ora ti spiego

Ale ora ti spiego l’assortimento,
stai attento.

Domani, forse ieri,
dovrò raccontarti che faccio
e a te ti par poco.

Sai che ti dico:
son poeta e sognatore
che le rime costano niente
ti spezzeranno le ossa e l’amore
bucheranno le tasche e anche l’ardore
ma ti baceranno piano e sempre
un giorno alla volta ogni giorno migliore
e
allevatore di sogni
che quelli costano ancora meno
ma ti allargano il cielo
e quando piove
sai cosa raccontare
e quando c’è il sole
son sfumatore del creatore.

Perciò Ale scrivi e sogna
che ogni volta
forse
dico forse
ogni volta che lo farai
potresti pensare a me
alla mamma
al buon essere vivo
e sarà un bel divenire
e potrai donare
altro non ti servirà
fidati
anzi no
ricordati il cantare
quello lo potrai fare
anche quando le cose andranno male
figurati quando sarai leggero,
fiero.

Così infine
son qui barbuto a raccontarmi
come sarà
il tuo vivere,
il tuo volare
e il tuo cantare.

Lo so:
sarà speciale.

Calibri corpo undici

Nemmeno un laccio o uno stratagemma
l’attorno non credeva al lampo nè al profumo del fieno
solo un qualcosa che sapeva di aver perso
ma non come tornare dove pensava fosse il posto
solo avanzare e non poter domandare
straniero nel suo essere andante
mai nell’agio di un buon pasto
o nel corpo sotto un tetto.

Nessuna lama, bagaglio scarso al suono
un piede dopo l’altro e attento alle lupinelle
pacato durante uno schiaffo
curioso alle carezze
e discreto nell’andarsene
senza un perchè nelle tasche
ma con buoni girotondi
e oltreoceani nelle pozze degli abbracci.

La fine del castagno

Un secondo d’uomo:
bastante al percorso
cencioso all’incompreso,
difetto al sapor del poco spavento.

Zucchero d’amor perduto
imitazione di un popcorn scaduto
lampo intuito lontano
re degli astanti silenti
angolo della sfera
migliore dei migliori increduli
giovincello in attesa del fuoco
assaggio di una sveglia già suonata
nessuno vuol vederti luccicare.

Un’altro anno va a dormire
la Fender attende ancora il suo sol
Cinecittà sta smantellando i suoi perchè
e la tua ragione si sta svalutando
il cielo mi chiede se son vivo
fa il bischero con le mie vene
che gli dovevo un abbaglio di pazzia.

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