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giu 16, 2024 - Polaroid    Dicevi?

Ascoltarsi muti rinascere

Battersi i battiti,
curarsi nelle rime,
abbandonarsi alla bellezza,
progettare nuvole distese,
modellarsi di crete senesi,
abbandonarsi agli arcobaleni,
soffiare bolle d’attesa leggera,
staccare folli biglietti tattici,
declinare cene vestite di seta,
viaggiare scartando la meta,
scambiarsi lacrime tatuate,
brindare a lettere lontane,
soffiare e stringersi,
intrecciarsi e scoprirsi,
ascoltarsi muti rinascere.

Si conta lentiggini

Un bicchiere di mare,
due soldi di pelle scalza,
tre parole sussurrate all’alba.

Balliamo mentre mi ricordo
dove ride di casa il tuo volto:
‘resta’ fino alla fine del mondo.

In punta di piedi
tra tegole e gatti
distesi al cielo
si conta lentiggini
unendo punte
di stelle e nasi.

apr 25, 2024 - Calamai, Mangianastri, Polaroid    Dicevi?

Oltre

Caracollante d’identico sguardo,
sbadato, attinente al dono,
frugante nei sogni, albero in moto,
delicato d’attenzione disperso,
seme e biglietto d’andata,
oltre il mio domani e il tuo ieri,
misteriosamente leggero
ti tengo e lascio in volo
che tanto di panorama ce n’è,
di vuoti d’aria hai voglia
e cadute a prenderti son qui
per sbrattarti, dipingerti,
abbracciarti per lasciarti andare
cuore del pane, dente di leone
e questo è il fiore.

mar 20, 2024 - Polaroid    Dicevi?

Intravisto

Fusi allerta di braccia tese
tralicci allineati attenti
scossi ai sussurri dei venti
impazienti nel dispiegar le vele.

Turbini senza voce e conguagli
imbucati arroganti rendendoti dubbi
spettatori assenti con sguardi putti
docili ammaestratori di sbagli.

gen 17, 2024 - Calamai, Polaroid    Dicevi?

Qualcosa a cui donare un nome

Con la testa sulla spalla del divano
ed i piedi incrociati sul tappeto imbronciato
Nina allungò i turbini del pensiero
fino ai palmi delle mani.

Irrequieta
al vento che bussava di sotterfugio alle finestre
e confusa da un qualcosa
che l’aveva sorpresa durante il giorno
- e a cui non era ancora riuscita a donare un nome -
disegnava con la coperta un po’ di calore
sebbene l’orlo del sole
fosse ormai già un ricordo
scomparso da ore.

Quando il suo sguardo
finalmente giunse oltre le fiammelle del camino
Nina sospese ogni attimo
e si riempì gli istanti
di quei suoi strani rompicapi bislacchi.

Perchè,
perché si domandò
se c’è spazio persino tra gli atomi
il nostro corpo resta sempre
stretto ed incollato a se stesso?

Nessuno spazio per fuggire
e troppi orizzonti mai detti.

E quando si va in pezzi
quanto tempo serve
per dischiudersi tra gli astri
e ricostruirsi tra la terra e il cielo?

Ed ancora:
se quei puntini che vedo lassù
sono il passato delle stelle
allora io
di quale pensiero
sarò mai il futuro?

Qualcuno
distante anni luce
nemmeno sa che esisto – pensò -
ma nemmeno il mio amore
a volte si accorge di me.

Tutto questo
Nina si raccontava
mentre il fuoco la ascoltava,
taceva e si faceva brace
sotto ai suoi occhi
e sopra ai suoi andirivieni dell’anima.

All’improvviso
arrivò Sfumino,
il suo gatto mezzo grigio
e mezzo addormentato.

Sfrucugliò due finte fusa,
si prese dei grattini sotto il mento
e si accovacciò di quiete accanto a lei.

Nina lo guardò oltre,
come chi guarda il mare
in cerca di pace.

Poi intravide qualcosa
e con gli stessi suoi occhi distratti
all’improvviso sorrise
e sorrise di quel qualcosa
chiamandolo per nome.

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