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ott 11, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Hillibilly.

Questo ripieno di parole grosse straborda difronte al nulla e m’annausea.
Giro in tred attraverso un universo pisciante emozioni e sai che c’è mi dico c’è che di ritorno sono come in un fosso e soppresso dal troppo contarsu.
Poco prima del bottone della pancia se premo mi spremo umori liquidi di vacui inutili ritorni di circostanza.
Siamo umani osti, come sia che non lo sia? Gli sbalzi, i drammi, gli odi e gli ammori son cose di onde e circoli vuoti. Possibile che non si riesca a fare un rialzo oltre la coltre dell’appanno?
Andiamo, son puntievirgole che si mutano con un sorriso.
Con un sorriso.
Rimane la falce: tuttaltro è caro da spendersi.
Una sola corsa, un solo biglietto come partenza d’una scelta. Ma per favore basta discuter del tragitto mentre parte il resto.
Un taglio all’ascolto della perpetua, un inno a chi sbatte la polvere dal suo bel vestito di corpo.
Fuori dall’osso, fuori l’asso: per un’almeno prima volta sporgetevi dal carico e buttatevi nel prato.
Rotolandosi ci si sporca d’una terra folta per chiome immature al pensiero.
Puro ego.
Ma prego.

Esplora la tua caverna,
fino al nuovo mondo,
fino al nuovo padre,
fino a quando non avrai lucciole a maggio.
Prenditi il rischio del fra me e te:
vediamo se sei in grado di attraversare il guado.
Benzina sul fuoco degli amici
e una banda dietro lo striscione del traguardo.
Prenditi una tua foto
come souvenir del mio futuro:
esplora la tua caverna
fino alla luce della stella,
fino a dove potrai chiamarla veglia.
La terra di Zuma,
fra le onde e le lacrime
mi fa espandere.
E’ l’ora delle viole al sangue
e dei dessert al sale:
senza governi o bande armate.
Questo è dove sei,
dove potrai e mai tornerai.
Prenditi una tua foto
come souvenir del mio futuro
ma prima chiedi il permesso,
ch’esso è permaloso
di se stesso.
set 28, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Pozzanghere.

Guardati a lato dal destro e dal sinistro. Furtivo. Osserva la grana, resta di soppiatto.
Non farti accorgere e se ti sgamano sguscia via veloce. Ho detto veloce.
Muffa è quel che sta nel vicolo, unta fra le gocce della scala antincendio. Ed ha lo stesso sapore di queste gocce venute dal cielo ed ora scassate perchè non sei altro che il loro impedimento al terreno.
Poi s’apre il cielo e ne s’alza giù un bagliore che nulla più si muove: son gioie che non ti meriti e per questo non ti aspetti.
Doremifasolla si ripete di ridondanza come una incongruenza scalza di sottofondo al panorama e qualcosa stride come una ruga riflessa su una foto lucida ed invecchiata.
Alzando il bavero del cappotto e sfiori le orecchie per sentire se ci si sente ancora oltre il freddo ma rimani per un momento incerto sul tuo gesto come muto in una sala d’aspetto con voci all’asta per finali lieti.
Gridano i bambini in lontananza sbattendo sull’asfalto i loro capricci sacrosanti e persino dove sei ti arriva la melma del lamento tant’è che non sopporti più nemmeno la granella sotto le suole delle tue scarpe. Ti par siano troppo racchie per aderire ad una gravità oltre la legge universale che regola i tuoi spostamenti da clandestino rapace.
Ora è certo: t’inseguono e non smetteranno fino a quando non avrai ammesso a te stesso la bellezza della fuga e del suo implicito amplesso.
Mai fermarsi come unica valvola dell’andare, mai nutrirsi se non si sa di cosa puoi essere pasto.
Là in fondo c’è un barbiere: vatti a tagliare.
set 14, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Quel che conta.

Dir che cosa,
che dir s’è poco quando nulla si ha od è.

Sciatta l’acqua sporca e santa
protetta dal cielo e dal capodimonte
mentre noi si è tutti impegnati
a fingersi quelli che stan sopra le onde.

Salsa l’acqua fra dissidi e bolle
fluttua la boccia per candida protezione
e sta al vetro con l’ammiro asettico:
ottimo nascondiglio per chi vuol mostrare
un respiro curato razionandone il fiato.


C’è poco che valga al mondo
quanto gli occhi d’un tuo amico profondo.

Oltrepassano sempre l’amaro delle vene
fra il di qua e il di là d’un intarsio a contrasto,
scuotendo l’inutile e scoprendolo diverso
unendo un dividendo tradito d’affetto,
dando cognizione d’onore
al tuo bene migliore.

ago 29, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Passport please.

Che è come quando mi regalarai
d’indossarti quel vestitino leggero
cosparso di fiori sotto al collo
e sopra alle ciglia appena appena
quel cappello di paglia.

Ma non lo farai
fin quando non sarà troppo tardi
ed allora sì che saranno veri rimpianti
e non più inermi capricci
da splendida donna.

Girare per mare non so come m’è venuto. Sono salito a bordo allungando la mia mano ad un equipaggio e ne sono sceso stringendo forte i nomi di ognuno dei miei nuovi amici.
Fuori il confine è tutto di ferro saldato, grasso, salsedine e stelle. Dentro un simulacro di baita fra onde con cucina, cuccette, cuori casti e cori caldi.

Poi avevo il tarlo del medio Oriente.
Sabbia e guerra, veli e zuccheri.

Così un bel giorno il portellone della Ro/Ro s’è alzato in punta di piedi e tiranti d’acciaio per muovermi il mondo attraverso il Pireo, le danze turche, la grande Alessandria, una manciata di polvere da Gaza ed il sud acheo di un’isola spaccata al centro in vena di cemento.
Di bergamasco ad un certo punto m’è rimasto solo il corpo, genuflesso all’ascolto d’un andirivieni misto fra l’oxfordiano e ‘n coppa a Vesuvio.
Salassato da gradi centigradi ho cominciato a riconoscere quelli ufficiali, divisi dalla coperta e unti dalla sala macchine.

Miglia e quiete ad insegnar la pazienza della distanza,

la lontananza.

Il vuoto e la paura, quando davvero c’è mancato un pelo mi si è asciugato il sudore freddo con il lume di una candela promessa.
Ho dato ma soprattutto avuto, salutato dai delfini incastonati tra le tessere d’un mosaico d’antica bellezza e costellato da miseria.
Mi sono evaporato dentro un Hamman disarticolandomi il corpo e lasciando disperdere il pensiero.
Più ero lontano più mi sentivo vicino al centro del mio pensiero e quando per un attimo ho creduto d’essermi perso ho compreso che nulla avrebbe imprigionato il blu del mio oceano.

Perciò ho cominciato a ridere.
‘Quando qualcuno ti punta una pistola addosso, tu sorridi’ ,scriveva Tiziano.
E questo è stato.

C’è questa strana alchimia che per quanto non la si creda finisce per ripresentarsi al primo passo: succede che pensi sempre di partire con la testa nei tuoi due piedi e ti ritrovi allo sbarco con nello zaino mille vite d’altri che nel frattempo hai già compreso esserti entrate dentro.
Per ogni ruga di volto avresti una storia anche stavolta: di qualcuno appena abbozzata ma quasi sempre raccolta come un fiume in piena davanti ad un tramonto oppure sussurrata fra un’onda e l’altra od ancora urlata nell’assordante rumore della bestia a motore.

Scrivere di loro è un po’ come allungare la rotta.
Un giorno neanche tanto lontano ognuno di quei ragazzi approderà ad un destino diverso ma mi piace pensare che fermarne l’istante fra le virgole delle parole possa conservare quel che ad un certo punto essi erano e che senza non sarebbero.
ago 10, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Appunti per Blu.
Pizza mari e monti.

L’ombra rasenta dei canadair stenta e vibra i cucuzzoli della città vecchia a tal punto che il primo storno stanotte m’ha svegliato salato in un lago di sudore.
Invecchia le rughe da vecchia in decadenza questa arroganza di cittadina stretta mentre le spalle caduno in un rogo che se ne placida oltre il fuoco.
Non riuscendo più a dormire mi sono infilato al dito il dedalo di viuzze fino allo sbocco del porto dove ho sostato come naufrago di terra sotto la statua benedicente d’una vergine addolorata perchè rivolta verso l’entroterra. Che senso ha, mi son dicetto, curar ‘e creature a mambassa sul dirupo anzichè prostrarsi all’onda?
Senza ovvia e stilita risposta mi son diretto al molo dove ho perso un buon tempo a star dietro al pescato dei pensionati fingendo d’essere esperto e assertendo o mostrando diniego a seconda della qual lotteria fatta ad esca.
Essendo in realtà montanaro ignaro dei secreti d’ogni lenza alla fine ho riposto il bluff in moleskine e ho ripigliato l’andazzo dell’attraversar la strada senza cura del colore al semaforo.
A pizza è buuona buoona.
Fanno un profumo che nun te lo scuordi financo fossi sopra l’Egeo.
‘Namo a remare.
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