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ago 8, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Un due tre stella.

Ho perso tutto il Santo giorno a smontarmi le gambe per oliarle e coccolarle nell’attesa del percorso.
Mi ero illuso che la manutenzione riuscisse facile: qualcosa tipo

svito prima le rotule
poi dalle vene dei polpacci ingrasso bene le piante dei bipedi
passo all’incavo delle caviglie fino a risalire alle giunture degli adduttori
concludo il tutto con uno strappo secco sotto i glutei.

Ed invece fin dall’inizio mi son dovuto arrendere all’idea che la mia passeggiata di salute m’avrebbe in realtà portato ben oltre.
Scrutando meglio la colpa è negatamente solo che mia: avrei dovuto capirlo dal principio che l’impresa m’avrebbe raccolto nel suo torpore anestetico per l’intero volgere del sole, fin da quando la prima perfezione dell’alluce destro mi ha raccolto per più di un’ora in rispettoso silenzio.
Ad ogni modo ora è già tempo di dopocena ed è meglio che mi sbrighi a proteggermi di sogni stanotte perchè lo so come si prospetta questa coperta di stelle.
Succederà come sempre succede che mi ritroverò nel deserto del sonno a cartografarmi rotte che puntualmente stravolgerò sin da Sirio.
Metodicamente catalogherò le mie previsioni del voler far questo meglio di quello e sistematicamente ci penserà l’Altro a farmi deviare intenzioni e sguardo.
Perciò via svelto ad abbassarmi le serrande dei mie voglio che tanto saranno puntualmente dissacrati dal cammino.
Niente giri di volta nel letto, nessuno sguardo al di là del baldacchino che il compagno allacciato è per natura fido e da laggiù non si schioderà se non per mettersi sulle spalle la mia casa.

Si va.
Saluto con inchino,
mozzo al mio destino.

E’ solo che
mi piaceva quest’idea
d’impararmi come si sente la terra
quando non la si può baciare.
lug 23, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Tijuana.

Tijuana bienvenido accavallo il confine
chica l’oro lo espongo senza anulari
Maria Dolores servimi un dolce ululato.

Il tramonto gracchia fra criminali e suine
filogovernativi imbustati come cartoni animati
sfila un revolver accanto a un nervo maculato.

Qui si estingue il tuo debito guapo
dove si disperdono onesti radiogiornali
ed ogni alba si shakera svelta tequila e vite.
lug 12, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Focali.

No, ‘speta, fam capì.
Che an ghè se prope mia.
Cercherò d’addolcirmi circoscrivendomi affinchè tu riesca ad intrappolarmi in un perimetro senza balbuzie.
L’avere la poesia come colonna portante incisa nel mondo NON significa non avvertirne il peso, disconoscere l’ affanno per il pane quotidiano, esser pudico senza bestemmiare dinnanzi alla morte, abbaiare alla sfiga o imbambolarsi al tramonto senza aver mai giaciuto al freddo.
L’aver la poesia come timbrica sul passaporto NON t’imbambagia nel dorato mondo del tutto mai tatuato, del comodo passaggio dal via senza nessuna prigione al giro, dell’adagio rettilineo di chi non suda le colline divenire rifugi.
L’aver la poesia come impronta sottosuole NON ti identifica col cieco pasciato stilita sordo al realismo del tondo o col privilegio del non aver mai dovuto esprimersi col capo chino dei ti prego perchè si potesse essere riconosciuti per avere un riconoscimento d’esistenza.
Anzi.
Aversi di rime cosparsi è un’essenza di chi già ha sbolinato via fin troppa merda.
Due gengive alte come cicatrice sull’asfalto sotto la fronte a carrugio maturano solo dopo una lunga esposizione a personaggi tutti equi e non molto distanti da chi si crede di un credo abbarbicato ad un pensiero quadrato molto vicino al tuo orticello transgenico.
Perciò se aspetti un momento m’allontano dal tuo ritorno d’eco per osservare l’offesa blasfema che porti al guinzaglio divenire comica abbastanza per distogliere il mio sguardo verso ciò che veramente importa a questo porto.

Non so più quanto far capire al toner delle tue copie carbone quanto di perso ci sia nel sentirsi uguali nel credo dei superiori o quanto resto d’ un colore pastello basterebbe a dipingerti diverso.

Se permetti,
mi porto a sorridere all’onda.
lug 2, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Quadragesima.
Ho cercato di respirare nel collo della birra un senso di schiuma come la porta dell’onda che lambiva le caviglie.
Le parole hanno mesciuto consistenza in granelli e se fuse di fusa s’asportavano la pelle.
Una ragazza sfuocata nei lineamenti improvvisa una danza dove si incontrano sale e sogni.
Lui le arriva alle spalle tintinnando ma non ne sveglia il cerchio immerso nell’altrove.
Quando le cinge la vita solo allora si volta lasciandogli sulla guancia una promessa perduta.
Nel frattempo corre fra le stelle il primo fischio del rintocco e s’alza il coro polifonico dei fuochi multicolori.
Il cielo dipinge uno strano arcobaleno sulfureo che cattura i loro occhi verso la distanza del desiderio. Tra il fumo e le scintille è tutto un susseguirsi di bisogni e di illusioni che s’alimentano di copie e di carboni.
Ho provato il mio zaino nuovo.
Se ci metto dentro la testa m’indosso fino ai calzini.
La resistenza ed il poggiatesta sono perfetti per la partenza.
Passerò i prossimi quaranta giorni nell’osservarmi mentre digiuno la contemplazione del mio antipasto di mare.
Un’essicazione fra l’esca e la pesca dannatamente necessaria alla comprensione d’un equilibrio infilzato che mi sarà molto utile quando il mio mondo avrà la consistenza di una bisettrice fra acqua ed aria.
giu 13, 2007 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Per quello che mi possa permettere di financo pensare la cosa sotterranea sta prendendo sempre più l’onda del mare.
Ora non ho ancora ben delineata nella capa una organizzazione di quel che mi appresto a fare ma di per certo sento forte il desiderio.
Il resto lo faranno di convinzione come sempre una mappa tornasole, dei binari, molti sorrisi, biglietti, cianfrusaglie rispuntanti oltre i lacci e le sirene.
Perchè slegata al vento la carta che manco so dove andrà a parare succede per una sorta di convinzione latente d’avvertire insito questo bisogno contundente.
Non c’è fermata, non c’è arrivo.
Un dono in fiore fra la partenza ed il blu,
un nome inciso a forma di tatoo.
Moleskine, taccuino.
Diciamola così: le ali cercheranno il loro battito proprio nel soccorso d’aiutare questo montanaro che non sa nuotare e che s’intestarda nel volersi accarezzare di brezza e sale.
Adesso avrò un poco di tempo per ricredermi snello, fare prove di trasporto fra spalle e inchiostro e togliermi di nuovo la ruggine di dosso.
Per ora sto di nuovo rimesso in sesto di gasolina.
Ho fatto il pieno, ho in testa un cerchio evoluzionistico che mi farà scendere allo stesso porto.
Me stesso, diverso, m’appresto.
Mi sento riflesso dalla distanza del sole ai tuoi occhi.
Credo che da qui in poi allungherò le parole sotto l’ombra del tramonto e pizzicherò le virgole a mo’ di mashmallow respirando d’uno sguardo quieto, calmo.
Hollywood is under me.

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