gen 21, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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‘lnnanzitutto,
che cosa può esserci
di più dolce e prezioso della vita?’

Avrei già da aver dormito.
Con chimere sulle ciglia e riposi acquattati sotto agli occhi.
Di chilometri macinati per brindare agli umani.
Ma non se ne può,
è come un dovuto,
che non ti lascia,
ti abbranca
e men che meno t’abbandona
lasciandoti staccare il ticket per i sogni
semplicemente perchè
a volte quelli, i sogni, ti precedono folli.
La circonferenza delle persone Grandi ha un baricentro espresso in modi che il tuo orecchio difficilmente ha modo d’ascoltare come se fosse un semplice suono.
Spesso è un silenzio: nel non dire si nasconde di fortezza tutta una voce.
A volte è un litigio feroce: una fuga infinita fra emotività e perfezione che allo sfioro scintillano creatività da inchino.
Capita pure che sia padre: d’una ecografia che ti fa ciao con la manina, ti sorprende con un trillo e sgorga in parole fatte a lacrime d’amore.
Per nutrirlo il sentimento ha bisogno di pazienza, dolcezza, una spezia nascosta e una nuova targhetta: è magico questo risotto di ricetta.
A tutto questo serve io credo un tetto e allora si va in cerca di una casa per l’affetto ma la pazzia è una costante in una vita precaria e al giorno d’oggi, si sa, o sei nullatenente oppure chiedi un mutuo per la tua libertà d’emozioni e nel caso ti sia concesso ne fai un fotogramma nel momento stesso spostando il tuo pensiero dalle catene al tuo animo sincero.
C’è proprio d’augurarsi ogni Bene, scordarsi le password e via giù in picchiata ridendoci sopra come chi ha voglia di richiamare con un campanellino al collo la sua gioia.
Per farlo magari rubo un megafono e mi ci metto di scherzo a fare imitazioni dei peggiori mali con congiuntivi continui contenenti sconnessioni per ricordarsi che i sorrisi curano per davvero anche le peggiori situazioni e ti svelano le persone nelle loro esplosioni di bellezza, come pop corn ad una festa.
Per concludere il party assumerò un cantante che con voce rauca nel giorno della dipartita di un grande saprà raccontare in rima quel che inspiegabilmente ho tentato finora di raccontare in un frullato buono solo da spazzare in un anomimo form impossibile da realizzare.
Quando tutto e tutti mi avranno lasciato come la prima volta che sono nato mi butterò sul divano e chiuderò la porta e guarderò me stesso senza che riesca mai a scorgermi per davvero.
Scoprirò forse di non avere la grandezza d’un attore per questo palcoscenico ad ore ma non mi importerà perchè saprò perfettamente di avere la possibilità di rendere questo tondo un posto migliore: senza dire poichè molto sarò il miglior sarto di questo mondo e cucirò e taglierò fino ad ottenere il più bel vestito di seta da rimaner senza parole, come elogio alla mia pazzia interiore.
gen 16, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Smucky.
Va chi c’è.

Quando lui entra in casa la casa è cambiata.
Quando io toppo la chiave e mi distendo sul divano la finestra è diversa.
Quando poso lo sguardo è strano il tavolo,
ristretto il soggiorno,
mangiato il corridoio
e rosso il copriletto azzurro.
Mutato il bagno,
scomparsa la doccia,
arretrato il frigorifero,
invaso il vaso.
Passate le persone, rimpolpate le intenzioni, versate le amarezze e scolate le speranze.
Eppure illogico decido d’arrancarmi con gli occhi scomodi un riposo che ostino meritato dopo aver sbobinato più o meno un paio d’anni di quelli buoni, senza ghiaccio e versati in un bicchiere doppio malto.
Perciò non voglio aver più di due neuroni e rifiuto l’evidenza: mi sdraio, sprofondo in un me stesso arrivato e faccio per tagliare di almeno un tre quarti il mio bulbo oculare con un paio di soprapalpebre in completo ed ignoreo relax.
Ed è quando arrivo quasi al contatto fra ciglia e cipiglio che m’appare come fosse reale: il punto del non ritorno in cui ammetto a me stesso che sì, quello che lui vedo è lì, di nuovo, senza saper come, senza aver del tempo dimenticato è di nuovo entrato e s’è messo cavalcioni fra le mie mura e le mie variazioni.
Ed in effetti.
E’.
L’unico sfregio d’angolo rimasto illeso dal tremore che ha passato un bisesto è pur ancora nella stessa asse orizzontale: il davanzale.
E sopra di quello lui quello.
- Dimmi che non sei tu.
- Se tu mi offri lo stesso.
- Allora non se ne esce.
- Al massimo dovresti chiedermi come sono entrato.
- A che gioco giochiamo, Smucky?
- All’abbandono della verità?
- Nessuno ha abbandonato nessuno: al trasloco tu hai scelto il silenzio assenso e io lì ti ho lasciato. L’ultimo tuo è stato, ce l’ho in tempia stampato, qui son nato e qui resto perplesso, adieu. Mi eri anche di un sacco piaciuto: melodicamente patetico e coerentemente pungente come ombra del crepuscolo che lo attende.
- Sei cambiato.
- Certo che sono cambiato, che ti credi? Tutti cambiano, tutti si cambiano, tutti si scambiano. E’ vivente, è palese.
- Sei cambiato di punteggiatura.
- O questa poi! Simpatia: ti rifilo un esclamativo nel duodeno così ci dai un taglio ai giudizi precoci.
- Vedi? Permaloso sfiorante lo scontro: difendi il nuovo territorio. Ho ragione.
- Ehi sapientino nessuno ha invitato qualcuno ad una rimpatriata ok? Tantomeno ho votato affinchè il tuo culetto mettesse bella mostra di sè anche sopra questi caloriferi perciò fammi un favore ed esplicati.
- Mi mancavi.
- O santa Mafalda protettrice degli Scrooge guarda cosa tocca far sentire ai miei padiglioni auricolari! Uno Smucky mieloso mancava davvero alla mia raccolta di figurine della collezione Alter Ego ’06! Perchè invece non mi racconti come hai passato gli ultimi due inverni e non vieni ad ammettermi che non sono io quello che ti mancava ma che avvertivi soltanto il bisogno di tornare… tornare e basta?
- Per tornare bisogna prima andare ed io non mi sono mai mosso.
- Senti Sfinge, io da queste parti ultimamente ti ho visto raramente, diciamo pure tante volte quanto, vediamo… il vuoto siderale?
- Ti sei sempre voltato dal lato sbagliato.
- Ma chi ti scrive le battute? Un caricaturista di Wild Wild West?
- Sai che c’ero.
- Ammettendo per un pico secondo che la tua fandonia sia una briciola d’essenza di verità: se così fosse mi dici cosa diavolo vuoi? Sei fuori tempo, fuori rotta. Hai perso il giro amico, sei Slot dei Goonies in Schindler’s List.
- Mmm, te l’ho già detto. Sei cambiato.
- E allora? Il cambiamento è evoluzione.
- Anche il tuo di autore non è niente male.
- Senti piccolo amico dei cuginetti stronzi: io non ho più tempo per occuparmi di te. Anzi sai una cosa? Non ne avevo anche prima. Avevo solo compassione. Nutrizione di ambizione. E sai perchè? Perchè tu non eri e mancomeno sei! Certo non sporcavi neanche ma caro il mio stilita già allora avevi eletto il davanzale a tua colonna e onestamente già dopo due giorni che te ne stavi da me il fatto che tu non proferissi parola non è mai stato il miglior modo per candidarti a sostituto di Red.
- Red! Che fine ha fatto?
- Suicidato d’aria: è saltato fuori dalla boccia la prima notte che mi sono trasferito. Ad ogni modo Smucky io qui non ti posso tenere: lo spazio è poco e non sono poi così sicuro che parlare di nuovo con te mi faccia bene.
- Sempre che io decida di risponderti.
- Esatto. Perciò salta giù una buona volta da quel davanzale, fai ciao ciao con la manina e scivola via: so che è un piccolo passo per te ma potrebbe esserne uno grande per l’intera umanità di questa casa. Ok?
- Ultimo desiderio?
- Concesso.
- Blues.
- Giocati bene le tue carte.
- Satchmo.
- Non basta.
- Heaven. Con la Fidzgerald.
- E va bene. Play.

Quando vorrebbe svegliarci, la mattina ci trova accovacciati sullo stesso davanzale: testa a tener su l’altra spalla, che ancora sembriamo dondolarci.
E da chissà dove arriva ma non s’accorge che si sente lieve un

Heaven… I’m in heaven,
And my heart beats so that I can hardly speak.
And I seem to find the happiness I seek,
When we’re out together dancing cheek to cheek…
gen 9, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Primitivo.

Primitivo.
Ancor umido screto e la prima forza che m’avvolge alza le palpebre.
Ode primogenita, palese sentenza: chi io sono e chi io sono sano e chi io debbo essere umano.
Chi io mi muova, chi io pensi chi io m’atteggi.
Esalo il primo vagito e già son quel che in fin di nascita m’hanno posto con altre mani.
Ecco, secondo nome Luigi in memore Pirandello, io non sono nè questo nè quello.
E’ più una chiesta, un obulo cortese senza grosse pretese: lasciar che io come voi sia me e non più quello, svagar quel che parte dalla mia mente senza l’imbrago delle vostre catene.
Ve lo vado a ripeter cortese poichè l’animo al quale sono appeso usa una lenza incipriata al meglio delle vostre saccenti laterali visioni: ognuno avrebbe già in grembo il proprio granello, basterebbe lasciarlo sotto natura e veder che succede.
E invece.
Troppe elisioni monche d’altri han portato ad un possesso d’animo espropriato.
Ballate e canti catodici s’apprestano allo jodel difronte al mio termosifone supplente utile allo sbrinamento degli inutili apatismi che fidelizzano i buoni propositi.
Per protesta decido di porgere al succhio la mia voce dal Sindaco farfugliandoli la mia credenza di favola in cui dei Signori che sanno già tutto di tutti si credono che uno
se non parla allora non ascolta.
Tanto mi ascolterà, lui è buono.
Invece sogghigna e spiattella: certo ho a cuore tutta la cittadinanza ed in particolare chi mi segnala evidenti lacune sfuggite ai miei giunti che come lei di certo sa, non può non sapere, caro Sghembo, non sono altro che l’ingiunzione di un pagamento già impegnato al momento del suo riportato in alto vagito stessssso.
Esse sibillina: io m’arrendo al vostro me stesso, lui sentenzia sinuoso di nuovo dicendo:
‘Ben bene sfrigolo felice di cotanta sua speme.
Per questo intendo tener nome alla mia solerte accondiscendenza e chiedo un walzer d’inizio anno al sapore d’un dolce sfogliato.’
Senz’accorgimenti ecco quindi il perchè del mio dindillarmi ebbro di prematuri inganni .
Fogo d’umori e gongolo danzante.
Non si saprà mai chi io fossi, chi io t’amassi,
mondo già stampato, macero di solitari strambi.

gen 2, 2006 - Senza cicatrici    Dicevi?

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La mezza.
Countdown.

Scavalcando il giorno
mi ritrovo disteso,
allontanato di ritorno:
e son lisca di te.

V’è detto
che non fui di sbalzo
piuttosto mi cantina:
arcana di quesiti
ed esser soverchiato.

Così in breve tempo
son qui scalzo e gelo:
oceano vinicolo d’api
senza nè più paura
nè più vigna.

Al tocco
nulla più è notte:
piace all’aria da me
scansarsi di fiducia.

dic 22, 2005 - Senza cicatrici    Dicevi?

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Si dice sia il venticinque.

Volevo e poi ho fermato.
Volevo e poi come dirlo?

Volevo che si infiorettasse, che servisse,
che si infiocchettasse ma che non fosse
allo stesso tempo troppo dolcissimo.
Che aiutasse, arrivasse, gioisse.
Gioisse è comunque una bella parola. Stramba.

E’ il posto del 25, quello che mi riepiloga e mi stupisce,
quello che ogni volta mi sorprende a dire: grazie.
Per quel che è stato e per quel che è stato conosciuto,
per i giorni che nella vita mi porterò come anni,
per gli amici che ho e che di nuovi ho abbracciato.
E allora, cominciamo.

Grazie a quelli che il primo mese mi han fottuto tutto
prima che avessi tutto
che m’han fatto incazzare apposta
affinchè ne traessi più forza.
E’ servito,
cari portavia,
baciatemi il deretano.

Grazie al mio socio,
mi avevan detto che amici sul lavoro mai
che prima o poi ti scanni
che poi o prima i soldi
ed invece
ci siamo arrovellati
attorcigliando le curve
alle malelingue
e siamo ancor più forti
del forte che piano piano
sulle rime della vita costruiamo.

Grazie a chi ha fatto l’amore trent’anni fa sul Maggiolone,
chissà come son passati anni come se volessi dimenticarmi
quasi m’avessero fatto il torto
d’avermi messo al mondo
senza darmi alcun libretto d’istruzione che il loro.
Ce n’è voluto di aiuto,
prima che capissi che il loro era il mezzo migliore.

Grazie a Gambadilegno,
mio eroe che allunghi il tuo sorriso dal cielo.
Grazie al distacco fraterno degli anni passati nel gelo distante
ora mi serve a ricucire con calma il solletico delle nostre guance.
E poi.

Grazie alle belle anime che rendono il mondo
un passaggio più allegro
più con senso
più il solo modo
per sapere di lasciar un sassolino nella foresta.

Grazie a dei nomi
che si portan dietro emozioni:

Amir, Giulio, Silvia, Francesco, Roberto, Bruno, Gaia,
Franco, Simone, Ilenia, Leonardo, Nicoletta, Milena,
Pietro, Gianni, Beatrice, Eloisa, Manila, Laura.

Non ci sei?
Non è vero,
non è un elenco,
ci sono solo nomi che metto a ricordo
e a cui posso togliere gli adesivi dei nick
ma le mie mani stringono anche gli altri.
Tutti gli altri.
Magari se passi,
aggiungi un nome
magari il tuo
ai commenti
ch’allungo la lista
e mi faresti
un gran bel felice.

Grazie ai colori, ai sapori dei pazzi,
grazie alle parole dei saggi
che ho sentito, letto, declamato e vissuto
nei castelli e nelle piazze:
tatuate sui pixel e riversate con la voce
intinte nei giorni e per sempre ricordi.

Grazie che t’amo
Blu
ma non dirlo al cielo:
abdicherebbe.

Passate un buon Natale,
non ingozzatevi sulla mangiatoia e scaldatevi i cuori,
che fuori senza voi
par freddo.

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