Apogeo
Sfiori di sguardi,
risate scalze,
balli imprevisti.
Fiori codardi,
madide albe,
futuri intravisti.
Ruvidi pranzi,
labbra sante,
trucchi già visti.
Sfiori di sguardi,
risate scalze,
balli imprevisti.
Fiori codardi,
madide albe,
futuri intravisti.
Ruvidi pranzi,
labbra sante,
trucchi già visti.
A star qui nel salto,
con i piedi pucciati d’erba
e lo sguardo piegato
mi dico: passeranno.
Le nuvole, gli elefanti,
il ribollire e i soffumigi,
le imprecazioni ai santi.
Intanto ‘racconta’ è un verbo
che non ci son più abituato:
così sgattaiolo, ascolto, chiedo
ed il ballo m’appare più leggero.
Ricucirsi un’ombra addosso
tra l’intenzione e il sole
attento a non cadere
o perlomeno a non sbucciare i pensieri.
Vita, quella del tu o niente,
in ascolto tra il troppo e gli angoli bui,
i riflettori e i tentativi,
vedere è quel che paghi per sapere
e ogni singola scelta è una confessione,
ogni tristezza una consapevolezza in più.
Le cascate scorrono via
mentre penso che la distrazione
alla fine è una perdita minore
e mi mancano ancora troppe risate:
tanto non ho nulla da lasciare o trasandare
percui tuffarsi mi pare una buona rivoluzione.
Umana la razza, la faccia, la pelle.
Unico il colore, il senso, il sapore.
Umana la voglia, la mente, la gente.
Uguale il viaggio, il calore, il bagliore.
La voglia di prendersi, stringersi,
guardarsi, annusarsi, avvinghiarsi,
sciogliersi e scegliersi.
Esserci.
Piangere, vivere,
sorridere e vivere.
Il troppo tardi
sciacqua i ricordi
t’osservo oltre i ninnoli
attento al leggerti
aria tra pietre
salti oltre il credersi
braccia tese trafitte
smalto e riprovarci
altra vita
altri sbagli
altro ritrovarsi.