Piacente al fine arresa
Il perfido affusolato assioma
ostenta da ogni arduo arrocco
la genesi incoerente d’una pena
emblema di una fiamma or fioca,
polvere unica mandante al ruolo:
piacente, tradita e al fine arresa.
Il perfido affusolato assioma
ostenta da ogni arduo arrocco
la genesi incoerente d’una pena
emblema di una fiamma or fioca,
polvere unica mandante al ruolo:
piacente, tradita e al fine arresa.
Arrocca e tintinna,
rifugia e molesta,
rinvia e corteggia.
Stoccafisso di rimpallo,
senza fiato, ligio al litigio,
irriverente da megafono
e venduto al commercio delle fusa.
Sbatte la fronte, arriccia le palpebre,
chiede ad ogni sbalzo di tensione
ed ottiene mormorii di finta persuasione.
Al solco ruota e ingordo,
trono e puleggia,
scarto e ronzio,
inno e arrocco.
Bofonchia, spulcia,
si ribalta e ondeggia.
Resta, ricomincia e s’alza.
Ben venga.
Sfrigola,
a stento soffice,
prima ammalia
poi ritorce.
Sputasse,
avvolto e parco,
al ridacchio d’ombra
si gonfierebbe di fiamme.
Sbadato,
cortese per vizio,
ossequio e liso,
dal fiore deriso.
Frinir del resto
com’avessi un dato tempo
scansando il dispendio
dell’andata disperso
brilla d’alloro
stringe il sangue
e della sera piange.
Sgocciola un tepore
lontano dal porsi
eccentrico al porgersi
eppure refuso ed onesto
propenso al ballo
e per un volgersi
specchio d’orgoglio.
Quest’invisibile Ora
al silenzio immobile
ha scoperchiato le piode,
steso di stelle lenzuola,
sciacquato al sale i volti.
Tutto il resto è ancora qui:
già uguale e diverso,
Signora.